Non tutte le tradizioni hanno bisogno di secoli per affermarsi. Alcune nascono da un’intuizione geniale e diventano in pochi anni patrimonio condiviso. È il caso della pinsa, creata da Corrado Di Marco. L’idea era semplice e audace allo stesso tempo: ripensare la pizza con un impasto più leggero, digeribile e fragrante. Oggi, cercando la pinsa romana ricetta, si entra in un universo dove innovazione e identità convivono, e dove una creazione recente è già percepita come simbolo di Roma.
Provando a spiegare il successo della pinsa, possiamo parlare della sua doppia natura: invenzione contemporanea, ma con un carattere che la fa sembrare familiare, come se fosse sempre esistita. La sua forma ovale, la croccantezza esterna e la morbidezza interna hanno conquistato i romani prima, e i palati internazionali subito dopo.
L’impasto che ha cambiato le regole
La differenza tra pizza e pinsa? Non guardiamo solo alla forma, ma proviamo a partire dal netto contrasto tra le due preparazioni. L’impasto della pinsa è frutto di un’attenta ricerca sulle farine. La miscela ideata da Di Marco prevede frumento tenero di tipo 0, soia e riso, in proporzioni pensate per creare una base più leggera e digeribile. A questo si aggiunge un’idratazione molto alta, che può superare il 75%: significa che l’impasto contiene tantissima acqua, e proprio da qui nasce la sua caratteristica leggerezza.
Il processo richiede lunghe lievitazioni, spesso fino a 72 ore. E c’è un motivo preciso per cui avviene: il tempo consente agli amidi di trasformarsi, rendendo la pinsa più aromatica e meno pesante. In forno, il risultato è un disco ovale con una crosta croccante e un interno arioso, quasi soffice. L’esperienza del morso è diversa: non una pizza sottile e tesa, ma una base fragrante che accoglie i condimenti senza appesantire.
Chi prova a farla a casa scopre subito che la vera sfida è gestire l’impasto molto idratato. Appiccicoso, cedevole, richiede mani allenate e pazienza. Ma la ricompensa, quando si estrae dal forno una pinsa, è grande: il piacere di portare a tavola un piatto che possiamo poi condire come preferiamo.
Dalle tavole romane alle interpretazioni moderne
In pochi decenni la pinsa è passata da invenzione di città a fenomeno globale. A Roma sono nati locali interamente dedicati, e molti ristoranti hanno inserito la pinsa accanto alla pizza nel menu. L’espansione è stata rapida, perché rispondeva a un desiderio che ormai è ampiamente diffuso in tutto il mondo: mangiare qualcosa di gustoso ma meno pesante.
Le prime versioni erano semplici: bianca con olio e rosmarino, oppure con pomodoro e mozzarella. Ma presto la pinsa è diventata un terreno fertile per la creatività. Oggi la si trova con ingredienti stagionali come carciofi o zucca, con salumi e formaggi di nicchia, con abbinamenti insoliti come avocado e gamberi. La sua struttura regge bene in ogni modo, arrivando anche a essere “gourmet”, come piace tanto ai consumatori di oggi. E per questo è amata dagli chef che vogliono sperimentare senza allontanarsi troppo dalla tradizione italiana.
La pinsa bianca continua a essere la più evocativa, perché mette in primo piano il lavoro dell’impasto. Ma le versioni moderne, arricchite da burrata, mortadella e pistacchi, oppure da accostamenti dolce-salato come fichi e prosciutto, raccontano quanto questa ricetta si sia adattata ai gusti contemporanei.
Non ultima, merita una menzione anche una specialità a parte: la pinsa dolce. Possiamo davvero sbizzarrirci come preferiamo, con mascarpone, crema alle nocciole, frutta secca o fresca. Niente limitazioni, ma solo il puro gusto della fantasia: così potremo sempre realizzare delle pinse nuove e golose.
Un’invenzione che sembra già tradizione
A differenza di altri piatti che hanno bisogno di secoli per consolidarsi, la pinsa ha trovato in pochi anni una sua collocazione stabile. È moderna nell’origine, ma tradizionale nel sentire: chi la mangia a Roma ha l’impressione di partecipare a un rito che appartiene alla città da sempre. Forse il merito sta nella sua immediatezza: un impasto leggero, una forma riconoscibile, un gusto che conquista al primo morso.
Oggi la pinsa continua a diffondersi, sostenuta da chi ne custodisce il marchio e da chi la reinterpreta con rispetto. Ogni volta che viene portata in tavola, ricorda che anche la tradizione può nascere da un’idea recente, se riesce a toccare corde profonde del gusto e della convivialità.