Nel silenzio irreale di Trigoria, il martedì si conferma ancora una volta il giorno dei destini. Come una maledizione ciclica, questo giornoha già visto cadere le teste di Fonseca, Mourinho e De Rossi. Oggi, in questo novembre carico di nubi, è Ivan Juric a guardare con apprensione l’orologio, mentre i tifosi romanisti aggiornano compulsivamente il sito del club in attesa di notizie.
Una crisi che affonda le radici
La Roma sta vivendo uno dei momenti più bui della sua storia recente. I numeri sono impietosi, ma raccontano solo una parte della storia: 13 punti in 11 partite non sono solo una statistica, ma il sintomo di un malessere profondo che ha radici ben più complesse. Il sorpasso subito dall’Empoli e il dodicesimo posto in classifica sono lo specchio di una squadra che ha smarrito la propria identità, precipitando in un vortice che ricorda troppo da vicino quella maledetta stagione 2004/05.
La distanza dalla zona Champions League – nove punti che sembrano un abisso – racconta di un obiettivo stagionale che si allontana come un miraggio nel deserto. Più preoccupante, forse, è guardare verso il basso: solo cinque punti separano i giallorossi dalla zona retrocessione, un pensiero che nessuno avrebbe osato formulare ad inizio stagione.
L’eco del passato
Il parallelismo con la stagione 2004/05 è qualcosa di più di una semplice coincidenza statistica. Quella fu l’annata del valzer degli allenatori: Prandelli che non iniziò mai, Völler che fuggì dopo quattro giornate, Sella come traghettatore di una notte a Madrid, Del Neri schiacciato dal peso dell’ambiente, e infine Bruno Conti, l’uomo della provvidenza che guidò la squadra verso una salvezza conquistata con le unghie e con i denti grazie a un gol di Cassano a Bergamo.
La storia sembra ripetersi con inquietante precisione: anche quest’anno un cambio di allenatore alla quarta giornata, anche quest’anno un vuoto dirigenziale con le misteriose dimissioni del CEO Lina Souloukou, anche quest’anno quella sensazione di navigare a vista che fa tremare i polsi ai tifosi più anziani.
Il presente incerto
Negli spogliatoi del Bentegodi di Verona, i giocatori hanno mostrato tutto il loro smarrimento. Non ci sono più i “litigi” violenti tra senatori e allenatore, ma qualcosa di forse peggiore: un’incapacità di fondo di assimilare i principi di gioco del nuovo corso. La squadra appare divisa non da conflitti personali, ma da una frattura tattica tra il passato recente e le nuove richieste di Juric, le cui dichiarazioni ottimistiche sui “miglioramenti” stridono con una realtà fatta di risultati deludenti.
L’ombra di Montella
Tra i corridoi di Trigoria si rincorrono i sussurri. Il nome di Vincenzo Montella, avvistato domenica a San Siro per Inter-Venezia, accende la fantasia dei romantici. L'”Aeroplanino” dello scudetto, fresco di qualificazione ai quarti dell’Europeo con la sua Turchia, potrebbe rappresentare quel mix di competenza e passione necessario per risollevare l’ambiente. Ma al momento sono solo suggestioni, pensieri che volano come il suo soprannome suggerisce.
Le scelte dei Friedkin
I proprietari americani si trovano di fronte a un dilemma complesso. Cambiare allenatore a 48 ore dalla trasferta europea contro l’Union Saint-Gilloise e a pochi giorni dal match contro il Bologna potrebbe essere un azzardo. D’altra parte, attendere la pausa di novembre significa rischiare di compromettere ulteriormente la stagione.
La sensazione è che i Friedkin vogliano prima ricostruire l’organigramma dirigenziale, a partire dalla nomina del nuovo CEO. Ghisolfi, unica figura dell’area sportiva rimasta operativa, sembra in attesa di indicazioni precise. E intanto Juric continua ad allenare, sapendo che il presidente, quando decide di cambiare, sale personalmente sull’aereo per Roma. Finora non è successo, ma il martedì non è ancora finito.