(Adnkronos) – La prevalenza dei disturbi mentali sta per superare quella delle patologie cardiovascolari. Depressione e altre malattie psichiche saranno le più diffuse nel mondo già prima del 2030, anno in cui l’Organizzazione mondiale della Sanità aveva stimato il ‘sorpasso’. Numeri che valgono in Italia il 4% del prodotto interno lordo tra spese dirette e indirette. Senza contare la diminuzione dell’aspettativa di vita di 10 anni. A livello globale, si stima che ogni anno si perdano circa 12 miliardi di giornate lavorative a causa di depressione e ansia, con un costo di 1 trilione di dollari all’anno in termini di perdita di produttività . Sono alcuni numeri ricordati dagli psichiatri della Sip (Società italiana di psichiatria) nella Giornata mondiale della salute mentale, in calendario oggi il 10 ottobreÂ
A fronte delle dimensioni ‘pandemiche’ raggiunte dai disturbi mentali – continuano gli esperti Sip – non si registra un corrispondente aumento (o un miglioramento) dei servizi di cura, in particolare nel nostro Paese. I Dipartimenti di salute mentale (Dsm), infatti, sono diminuiti di numero (dai 183 del 2015 ai 139 del 2023), e stanno vivendo una profonda crisi di personale, soprattutto medico: si stima che il prossimo anno mancheranno all’appello altri mille psichiatri. “La realtà è che in un decennio che ha visto quintuplicare i casi di molte patologie psichiatriche, soprattutto tra i più giovani e le categorie più fragili, l’Italia della salute mentale si è trovata a lottare ad armi impari con la società che cambia, con sempre meno risorse, sempre meno strutture pubbliche e sempre meno personale, che abbandona i dipartimenti per mancanza di sicurezza e di certezze professionali”, evidenzia Emi Bondi, presidente uscente Sip e componente del tavolo tecnico sulla salute mentale del ministero della Salute. Â
“Troppi ormai anche i casi di violenza quotidiana denunciati (35 i casi ‘gravi’ nell’ultimo anno segnalati alla Sip), soprattutto nell’ambito del pronto soccorso. Senza contare l’enorme difficoltà di svolgere ricerca scientifica pubblica. Tutto questo naturalmente finisce con il gravare con i pazienti, che si trovano più soli con meno assistenza e meno attenzioni. Nessun ‘bonus’ potrà mai supplire alla carenza di risorse tolte al servizio pubblico e alla medicina territoriale, vero punto di riferimento per la popolazione, che ha bisogno di investimenti strutturali, annunciati da tempo ma mai resi disponibili”, conclude Bondi.Â