Nel panorama cinematografico, esistono opere che trascendono la loro epoca per diventare veri e propri cult, amati e rivisitati da generazioni di spettatori. “Il diavolo veste Prada“, diretto da David Frankel e uscito nelle sale nell’ottobre del 2006, è inequivocabilmente uno di questi. Adattamento dell’omonimo romanzo di Lauren Weisberger, il film narra le vicende di Andy Sachs, interpretata da Anne Hathaway, alle prese con il suo ruolo di assistente della temuta e venerata Miranda Priestly, caporedattrice di Runway, magistralmente impersonata da Meryl Streep. Questa pellicola ha saputo guadagnarsi un posto nel cuore degli appassionati di cinema e moda, tessendo una narrazione che esplora i sacrifici personali, le dinamiche lavorative e il brillante, seppur spesso spietato, mondo della moda.
La metamorfosi di Hathaway
Un aspetto sorprendente riguarda la scelta del cast, in particolare per il ruolo di Andy. Anna Hathaway non era, come molti potrebbero pensare, la prima scelta per la parte, ma si colloca in realtà come la nona preferenza della produzione. Nonostante ciò, la sua determinazione e il suo talento, insieme all’influenza decisiva di Meryl Streep, le hanno permesso di ottenere il ruolo che l’ha vista brillare e crescere ulteriormente nella sua carriera.
Dietro le quinte con Meryl Streep
Parlando di Streep, è affascinante scoprire che l’acclamata attrice adottò un approccio metodico per entrare nel personaggio di Miranda Priestly, mantenendo una distanza emotiva da Hathaway. Questo comportamento ha contribuito a creare una tensione autentica tra i personaggi, riflettendo la dinamica di potere all’interno della narrazione. Inoltre, la Streep trasse ispirazione da Clint Eastwood per modulare la voce di Miranda, conferendo al personaggio un tono calmo ma tagliente, che ha reso le scene ancora più incisive.
Emily Blunt e l’evoluzione del suo personaggio
Il film ha segnato un momento importante anche per Emily Blunt, che interpretava la prima assistente Emily. Nonostante il personaggio non fosse inizialmente pensato come inglese, l’accento di Blunt aggiunse una dimensione di superiorità che conquistò i produttori. Curioso è il fatto che Blunt, con la sua energia incessante, abbia contribuito a definire ulteriormente il carattere di Emily, rendendola uno dei personaggi più ricchi e interessanti del film. Inoltre, la vita dell’attrice si intrecciò in modo personale con quella del cast, diventando la cognata di Stanley Tucci, Nigel nel film.
Anna Wintour e il suo silenzio eloquente
Risulta inevitabile interrogarsi sulla reazione di Anna Wintour, la leggendaria direttrice di Vogue, di fronte a un’opera che, sebbene non esplicitamente, trae ispirazione dalla sua figura. Nonostante Wintour non abbia mai commentato pubblicamente il film, vi sono indizi che suggeriscono la sua approvazione, soprattutto attraverso le parole di sua figlia durante una proiezione, che ha evidenziato quanto “Il diavolo veste Prada” sia riuscito a catturare l’essenza del carattere di sua madre.
“Il diavolo veste Prada” si conferma dunque non solo come un film amato dal pubblico per il suo intrattenimento e la sua critica al mondo della moda, ma anche come un’opera che cela storie e curiosità dietro le quinte che ne arricchiscono il valore. L’impeccabile interpretazione del cast e le scelte registiche intenzionali rivelano un’attenzione ai dettagli e un impegno nella creazione di un film che continua a essere rilevante e significativo anni dopo la sua uscita.