25 Agosto 2022

Covid Italia, Gimbe: “759 morti in 7 giorni, dati ancora alti”

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Covid Italia, Gimbe: "759 morti in 7 giorni, dati ancora alti"

(Adnkronos) – Si registra una sostanziale stabilità in Italia sul fronte dei morti Covid: 759 negli ultimi 7 giorni (di cui 80 riferiti a periodi precedenti), con una media di 108 al giorno rispetto ai 107 della settimana precedente. E’ il quadro che emerge dal monitoraggio indipendente della Fondazione Gimbe relativo alla settimana 17-23 agosto. Il dato dei morti, commenta il presidente di Gimbe, Nino Cartabellotta, “rimane molto elevato, alimentando il dibattito sui criteri per definire le morti Covid e addirittura la richiesta di una commissione medica di inchiesta sulla mortalità Covid in Italia”.  

Secondo i dati pubblicati dall’ultimo report dell’Istituto superiore di sanità, relativi ai decessi di persone con diagnosi di Covid tra il 24 giugno e il 24 luglio 2022, il tasso grezzo di mortalità per 100.000 persone, segnalano da Gimbe, è molto più elevato tra i non vaccinati che tra i vaccinati con tre dosi: 19,1 contro 5,3 per la fascia 60-79 anni e 327,2 contro 48,2 per gli over 80. Tuttavia, a fronte di questa efficacia molto elevata, negli over 60 che hanno completato il ciclo vaccinale con 3 dosi si rileva un progressivo aumento del tasso grezzo di mortalità: in particolare, dopo aver toccato il valore mimino per i deceduti con diagnosi di Covid nel periodo 20 maggio-19 giugno è aumentato in poco più di un mese da 1,5 a 5,3 nella fascia 60-79 anni (+253%) e da 11,8 a 48,2 negli over 80 (+309%).  

“L’attuale numero dei decessi – spiega Cartabellotta – in particolare negli over 80 è dunque fortemente condizionato sia dalla circolazione virale sia dal progressivo declino della protezione vaccinale nei confronti della malattia grave dopo 120 giorni dalla terza dose, indipendentemente da altre variabili quali comorbidità, sottoutilizzo farmaci antivirali, problematiche organizzative, criteri per definire il decesso Covid”. 

Tornano intanto a salire i contagi da Sars-CoV-2 in Italia: +18,7% in 7 giorni, secondo il monitoraggio Gimbe relativo alla settimana 17-23 agosto. Mentre continua il calo delle terapie intensive (-15,1%) e dei ricoveri ordinari (-15,5%) di pazienti Covid. I casi crescono da quasi 150mila a quasi 178mila. In calo dell’11,9% rispettivamente le persone attualmente positive (752mila contro il dato precedente di 854mila), e le persone in isolamento domiciliare (745mila contro 846mila). In entrambi i casi oltre 100mila in meno in 7 giorni. I ricoverati con sintomi sono -1.166 rispetto alla settimana precedente (6.378 contro 7.544) e le terapie intensive scendono di 45 (254 contro 299).  

“Dopo 5 settimane di calo – commenta Cartabellotta – il numero dei nuovi casi settimanali torna a crescere. Un’inversione di tendenza dovuta in parte al ‘rimbalzo’ conseguente al minor numero di contagi rilevati nel lungo weekend di Ferragosto, in parte al verosimile aumento della circolazione virale”. Nella settimana 17-23 agosto si è registrata una media mobile a 7 giorni di oltre 25 mila casi al giorno. In tutte le Regioni, ad eccezione di Emilia-Romagna (-9,1%) e Umbria (-0,4%), si registra un incremento percentuale dei nuovi casi (dal +8,1% della Liguria al +56,4% della Calabria). Rispetto alla settimana precedente, in 95 Province si rileva un incremento dei nuovi casi (dal +1,8% di Catania e Trapani al +79,4% di Catanzaro), nelle restanti 12 Province si rileva una diminuzione (dal -0,1% di Savona al -25% di Forlì-Cesena). L’incidenza supera i 500 casi per 100.000 abitanti in 6 Province: Crotone (784), Catanzaro (728), Vibo Valentia (652), Pescara (617), Belluno (528) e Teramo (522). 

Sul fronte degli ospedali al 23 agosto, evidenzia Marco Mosti, direttore operativo della Fondazione Gimbe, il tasso nazionale di occupazione da parte di pazienti Covid è del 9,9% in area medica (dal 4,9% del Piemonte al 24,3% dell’Umbria) e del 2,8% in area critica (dallo 0% della Provincia autonoma di Bolzano e della Valle D’Aosta al 5,6% della Calabria). “Rimangono stabili gli ingressi in terapia intensiva – puntualizza – con una media mobile a 7 giorni di 23 ingressi/die rispetto ai 25 della settimana precedente”. 

La campagna per la somministrazione della quarta dose di vaccino anti-Covid “sconta un clamoroso ritardo”. A osservarlo è ancora il presidente della Fondazione Gimbe. 

Secondo quanto disposto dalla Circolare del ministero della Salute dell’11 luglio, si ricorda nel report, la platea di persone candidate a ricevere il secondo richiamo è di oltre 17,1 milioni di persone, di cui più di 1,85 milioni non eleggibili nell’immediato in quanto guarite da meno di 120 giorni. Al 24 agosto (aggiornamento ore 06.16) sono state somministrate 2.185.380 quarte dosi, con una media mobile di 9.999 somministrazioni al giorno, in calo rispetto alle 11.417 della scorsa settimana (-12,4%), e molto lontane dal target di 100 mila somministrazioni fissato dalle linee di indirizzo dell’Unità per il completamento della campagna vaccinale. Gimbe segnala che al momento, dunque, risultano scoperti dalla quarta dose 14,3 mln di over 60 e fragili. 

In base alla platea ufficiale (che comprende 5,4 mln di 60-69enni, 4,4 mln di 70-79enni, quasi 3,7 mln di over 80, 3,4 mln di pazienti fragili e 88mila ospiti delle Rsa che non ricadono nelle categorie precedenti), aggiornata al 27 luglio, il tasso di copertura nazionale per le quarte dosi è del 16,7% con nette differenze regionali: dal 6,4% della Provincia Autonoma di Bolzano al 32,3% del Piemonte. Sostanzialmente ferme le percentuali di chi ha ricevuto almeno una dose di vaccino (88,2% della platea) e di chi ha completato il ciclo vaccinale (86,7% della platea). Restano ancora 6,82 milioni di non vaccinati, di cui 1,31 milioni di guariti protetti solo temporaneamente. E 7,63 milioni di persone non hanno ancora ricevuto la terza dose, di cui 2,56 milioni di guariti che non possono riceverla nell’immediato.  

“Se nella campagna elettorale che ha monopolizzato l’informazione pubblica la pandemia ha trovato posto solo per strumentalizzazioni politiche, i dati mostrano che ci affacciamo alla stagione autunno-inverno in una situazione non favorevole”. Senza “un adeguato piano di preparazione” per l’autunno-inverno, “il rischio concreto è quello di trovarsi in piena stagione autunnale ad inseguire il virus per l’ennesima volta, compromettendo la salute e la vita delle persone più fragili e ritardando l’assistenza sanitaria per i pazienti con altre patologie”, il monito di Cartabellotta. 

“Innanzitutto – osserva ancora – la discesa della quinta ondata sembra essersi arrestata e in piena estate la circolazione virale rimane ancora molto elevata rispetto agli anni precedenti: al 23 agosto oltre 750 mila positivi (numero ampiamente sottostimato), un tasso di positività dei tamponi antigenici al 17,4% e una media di oltre 25 mila nuovi casi al giorno. In secondo luogo, la popolazione a rischio di malattia grave è molto numerosa: al 24 agosto, prendendo in considerazione over 60 e fragili, al lordo delle persone guarite temporaneamente protette, si contano 893 mila non vaccinati, 1,91 milioni senza terza dose e 14,3 milioni senza quarta dose la cui campagna di somministrazione sconta un clamoroso ritardo”.  

Questo lo scenario. Mentre, fa notare Cartabellotta, “non è ancora stato reso pubblico alcun piano di preparazione per la stagione autunno-inverno, fortemente invocato dalla Fondazione Gimbe sulla scia delle raccomandazioni dell’Oms Europa: aumentare le coperture vaccinali (con tre dosi) nella popolazione generale; offrire la quarta dose alle persone a rischio dopo 120 dalla somministrazione della terza; promuovere l’utilizzo delle mascherine al chiuso e sui mezzi pubblici; aerare gli spazi pubblici affollati, quali scuole, uffici, bar e ristoranti, mezzi di trasporto pubblico; applicare rigorosi protocolli terapeutici per le persone a rischio di malattia grave. In assenza di certezze su quando sarà pienamente operativo il nuovo esecutivo, il rischio concreto è quello di trovarsi in piena stagione autunnale ad inseguire il virus per l’ennesima volta, compromettendo la salute e la vita delle persone più fragili e ritardando l’assistenza sanitaria per i pazienti con altre patologie”. 

 

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