9 Giugno 2022

L’intervista a Marco Vivio

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L'intervista a Marco Vivio

Ha preso parte a tantissime fiction e film di successo: da Orgoglio a Tutta colpa del paradiso, passando per Un bambino in fuga e San Pietro. Parliamo dell’attore e doppiatore Marco Vivio che, ogni lunedì sera su Rai5, è alla guida della seconda edizione de L’atlante che non c’è, la trasmissione all’interno di Sciarada – Il Circolo delle parole in cui racconta non solo gli autori ma anche i luoghi in cui gli stessi hanno vissuto. Un’esperienza formativa, cominciata lo scorso anno, di cui Marco è molto orgoglioso, visto che ha già in mente i posti da mostrare il pubblico in un’ipotetica terza edizione.

Marco, nei nuovi appuntamenti de L’atlante che non c’è ha avuto modo di parlare di Pier Paolo Pasolini. Cosa pensa di lui?

“Essendo romano, Pier Paolo Pasolini è un personaggio che mi ha sempre incuriosito ed appassionato. Ed è stato motivo di grande soddisfazione per me raccontare i luoghi in cui sono state ambientate le sue opere. Abbiamo fatto davvero un bel lavoro, con tante testimonianze sul suo conto. È stata fatta una ricerca certosina, da parte del regista e della produzione, perché era nostra premura raccontare sfumature nuove di Pasolini e non aneddoti già conosciuti dal pubblico. Ovviamente, oltre a lui, racconteremo anche altri autori: come Giorgio Scerbanenco e la “sua” Milano, Joyce, Saba, Svevo e Grazia Deledda con la sua splendida Sardegna”.

Nel caso il programma venisse rinnovato per una terza edizione, c’è qualche altro luogo che vorrebbe esplorare?

“Sono tanti i posti che meritano di essere raccontati: da Bologna alla Puglia, passando per la Calabria, la Sicilia e tutti i bellissimi territori italiani”.

Com’è stato, lo scorso anno, debuttare nella veste di conduttore?

“Mi sono tuffato in un mondo nuovo, ma l’ho fatto perché mi sono fidato del progetto, che ho ritenuto valido e stimolante. E mi ha affascinato per come era stato confezionato”.

Resta comunque un attore e un doppiatore. Ci sono progetti futuri dei quali può parlarci?

“Sicuramente, c’è in ballo qualcosa per tornare presto sul set ma al momento, per scaramanzia, non posso davvero dire di più a riguardo”.

Ha sempre sognato di fare strada nel mondo della recitazione?

“Anche se ho sempre amato questo lavoro, sognavo di diventare un calciatore. Comunque sia, ho iniziato a recitare molto giovane, tant’è che si può dire che sono cresciuto tra un set e l’altro. Però, nonostante questo, i miei genitori hanno sempre fatto sì che svolgessi le attività di qualsiasi altro mio coetaneo. Ho così potuto portare avanti i miei hobby, mettendo sempre la scuola al primo posto”.

E c’è qualcos’altro, nel modo artistico, in cui vorrebbe cimentarsi?

“Beh… sì, ad esempio mi piacerebbe imparare a cantare, ma non per aprirmi una strada nel mondo del musical o qualcos’altro. Vorrei farlo come arricchimento personale e spero, prima o poi, di avere il tempo e la pazienza per portarlo a compimento”.

Si sente più un attore o un doppiatore?

“Mi sento a mio agio in entrambe le professioni. Sicuramente, nell’ultimo periodo, ho dedicato maggiori energie al doppiaggio, che ho cominciato a fare da piccolissimo, quasi per caso. Dovevo, infatti, doppiare un film in cui avevo recitato ed il direttore si rese conto del fatto che anche in quell’ambito lì ero abbastanza portato. Sia per fare il doppiatore, sia per fare l’attore devi, prima di tutto, avere la giusta tecnica di recitazione. Anche se, nei due lavori, la voce si usa in maniera differente”.

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