27 Maggio 2022

Nuove armi contro la sclerosi multipla, e la diagnosi accelera

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Nuove armi contro la sclerosi multipla, e la diagnosi accelera

(Adnkronos) – Il futuro dei pazienti con sclerosi multipla? Riserva novità terapeutiche e passi avanti anche sulla diagnosi. “Assistiamo a un progressivo affinamento delle tecniche di diagnosi. Diagnosi che si fonda soprattutto sulla risonanza magnetica. Ci sono stati due avanzamenti importanti. Uno di questi è la ridefinizione dei criteri per fare una diagnosi ancora più precoce. E questo ricade anche sulle terapie, perché tanto più precocemente facciamo la diagnosi tanto prima interrompiamo quei meccanismi che poi a un certo momento superano il punto di non ritorno. I nuovi criteri diagnostici, tanto per dare un’idea, hanno portato il periodo di latenza fra il momento dell’esordio clinico della malattia e la diagnosi da una media di 13 mesi a 3 mesi. Questo ci dà un ulteriore finestra di intervento importante perché gli stessi farmaci usati un po’ più tardivamente hanno un’efficacia ridotta”. A parlare all’Adnkronos Salute è Massimo Filippi, direttore dell’Unità di Neurologia, del Servizio di Neurofisiologia e dell’Unità di Neuroriabilitazione dell’Irccs ospedale San Raffaele di Milano. 

L’esperto, che è professore ordinario di Neurologia e direttore della Scuola di specializzazione in Neurologia dell’università Vita-Salute San Raffaele, cita anche una seconda innovazione su questo fronte: “Le linee guida internazionali” che sono state pubblicate lo scorso anno “su come utilizzare al meglio la risonanza magnetica nelle varie fasi di malattia, per creare un linguaggio comune e seguire al meglio questi pazienti con una serie di requisiti minimi e in modo che tutti i centri agiscano allo stesso modo”. E poi ci sono i passi avanti sui farmaci, che continuano. Lo scienziato, che secondo una ricerca bibliometrica pubblicata su ‘Frontiers in Neurology’ è il più citato al mondo nel campo della ricerca sulla sclerosi multipla fa riferimento allo “sviluppo di molecole atte a controllare o spegnere la malattia. Ne abbiamo già a disposizione tante”, osserva.  

“Ci sono farmaci a bassa efficacia, ma più maneggevoli e quindi associati a minori rischi collaterali, e farmaci a più alta efficacia ma di più complesso utilizzo. L’idea è superare la divisione fra farmaci di prima e seconda linea e basarsi sulla gravità della malattia” per scegliere quali somministrare, “perché abbiamo diversi fattori prognostici all’esordio che ci dicono quali pazienti possono andare peggio e quali meglio, e si deve poter scegliere la terapia in maniera più personalizzata in chi ha la malattia più aggressiva e chi meno”.  

Novità recenti si registrano sui farmaci orali: “C’è un farmaco, ponesimob, che fa parte di una classe di farmaci che sequestrano i linfociti all’interno dei linfonodi. I linfociti sono quelli che innescano la cascata immunitaria che poi provoca la sclerosi multipla e, non arrivando nel sistema nervoso centrale, hanno meno probabilità di causare danno. Questo farmaco ha una maggiore specificità recettoriale ed è potenzialmente associato a minori effetti collaterali”.  

L’altro “grande avanzamento – elenca Filippi – è stato l’arrivo di un altro farmaco anti-CD20, che sta entrando ora sul mercato e si chiama ofatumumab. Si somministra mensilmente sottocute, non richiede infusione. Quindi da un certo punto di vista è più maneggevole. All’orizzonte si profilano poi dei farmaci che sono inibitori di tirosin-chinasi di Bruton (Btk): sono ancora in fase di studio, in fase 3, arriveranno tra un paio d’anni sul mercato ma sono molto interessanti, perché sono orali e hanno effetto sia sulla componente periferica della malattia che sull’infiammazione centrale. Questi farmaci sono a basso peso molecolare e attraversano la barriera ematoencefalica. Sono in grado dunque di agire su cellule immunitarie residenti nel sistema nervoso centrale e di ridurre quegli aspetti di danno progressivo lento. Li attendiamo con grande interesse perché toccano una via immunologica differente”.  

Si stanno poi sviluppando “per gli anti-CD20 dei vettori che portano il farmaco direttamente all’interno del cervello. Quindi abbiamo anche miglioramenti di altri farmaci, come natalizumab che si dà per via infusionale e per il quale è stata sviluppata la somministrazione sottocutanea. Ci sono due grandi capitoli: affinamento di ciò che già abbiamo e sviluppo di nuove molecole”. Altro grande aspetto, conclude il professore ordinario di Neurologia, “è che si sono sviluppate sempre di più sia misure cliniche che di risonanza magnetica per studiare quella che viene definita in inglese ‘smoldering disease’, cioè la componente della malattia più silente e invisibile ma che progressivamente danneggiando i tessuti supera una soglia e a un certo punto sviluppa un quadro difficilmente modificabile se non sei intervenuto prima. Ci sono gli eventi acuti che sono la punta dell’iceberg ma c’è poi una parte subacquea anche molto più ampia che ci si sta attrezzando per vedere”. E’ questa malattia sommersa che è “sempre meglio riconoscere e trattare prima”. 

LA MALATTIA HA CAMBIATO FACCIA – “L’Italia viaggia al ritmo di circa 3.400 nuove diagnosi di sclerosi multipla all’anno. E oggi abbiamo circa 130mila pazienti su tutto il territorio nazionale. Il costo medio della patologia, fra costi diretti o indiretti, è di circa 45mila euro a paziente l’anno. Quindi parliamo di circa 6 miliardi all’anno, cioè lo 0,28% del Pil nazionale – è il quadro tracciato da Filippi – La sclerosi multipla è una patologia cronica, del giovane adulto, ad alta complessità di gestione, che richiede un team multidisciplinare. E’ il prototipo della malattia cronica progressiva in medicina. Fin da subito presenta progressivi fenomeni neurodegenerativi che, se non colti sul momento, poi in una fase più avanzata di malattia si traducono in una disabilità importante. Questo è dunque un problema sia per un paziente spesso giovane che è a rischio di sviluppare disabilità, ma è anche un impegno per i caregiver e per il servizio sanitario nazionale”. 

Di strada però ne è stata percorsa tanta in questi anni, sottolinea il professore in vista della prossima Giornata mondiale dedicata alla patologia (30 maggio). “Un auspicio? Io ho una certa età e mi occupo di sclerosi multipla dall’ottobre del 1984 e posso testimoniare che siamo passati ad avere da uno a quasi 20 farmaci efficaci per la malattia”, racconta. “Esiste un’osservazione comune fra i colleghi che si occupano della patologia ed è che la malattia ha veramente cambiato faccia. Un tempo era inesorabilmente progressiva e invalidante, oggi invece nella stragrande maggioranza dei pazienti è possibile controllarla bene per diversi anni. L’auspicio mio è che le cose proseguano con questo passo e, se la curva” dei progressi “continua a crescere in questo modo, se già ora la malattia non fa più paura come 30 anni fa, credo che possiamo puntare sempre più in alto. Il sogno è un mondo libero da sclerosi multipla. Non sarebbe male – conclude lo specialista – e mi sembra che sia stata imboccata la strada giusta per raggiungerlo”.  

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