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Scandalo Vaticano, decreto: “Contatti Becciu-Marogna anche dopo le accuse”

Scandalo Vaticano, decreto: "Contatti Becciu-Marogna anche dopo le accuse"

Il cardinale Angelo Becciu avrebbe mantenuto i contatti con Cecilia Marogna anche dopo aver appreso delle accuse dagli inquirenti vaticani nei suoi confronti, e questo è uno degli elementi che fa ritenere ai magistrati che non ci sia stato alcun tradimento di fiducia da parte della Marogna nei confronti del cardinale, e che Becciu non possa “non essere ritenuto responsabile di questo ennesimo atto di distrazione di risorse pubbliche”, in relazione ai 575mila euro della Segreteria di Stato che sarebbero stati spesi in beni di lusso dalla manager cagliaritana. E’ la convinzione espressa dagli inquirenti nel decreto di citazione a giudizio.  

A dimostrare tali rapporti è una relazione di servizio redatta nell’ambito dei compiti di tutela della sicurezza dal Corpo della Gendarmeria in cui si documenta tra l’altro la presenza della Marogna, dalle 19 del 16 settembre 2020 alle 11.49 del 17 settembre 2020 “all’interno del palazzo del Sant’Uffizio dove è ubicata, tra le altre, l’abitazione privata di Sua Eccellenza Reverendissima Angelo Becciu”, palazzo dove dunque la manager passa anche la notte.  

“L’atteggiamento della donna, immortalata nel momento in cui faceva ingresso nel palazzo con una valigia, fanno intendere – osservano gli inquirenti vaticani – un rapporto tra il porporato e la sedicente esperta di geopolitica ben consolidato e rimasto inalterato anche dopo che Mons. Alberto Perlasca, dopo l’interrogatorio del 29-4-2020, aveva informato il porporato dei sospetti che all’epoca gli inquirenti avanzavano sulla donna”. 

E ci sarebbe un altro procedimento penale aperto in Vaticano che in qualche modo tocca la Logsic Doo, la società di Cecilia Marogna, da quanto emerge dal decreto di citazione a giudizio dove si richiamano “risultanze investigative emerse nell’ambito di altro procedimento penale pendente”, dalle quali “si ricava che le somme di denaro trasferite dalla Segreteria di Stato alla Logsic avrebbero dovuto alimentare una sorta di fondo da impiegare per la liberazione di una suora colombiana rapita da organizzazioni criminali straniere”. 

Sulla vicenda della liberazione della suora colombiana, nelle carte vengono riportate alcune conversazioni WhatsApp tra l’ex Sostituto Angelo Becciu, il capo dell’Ufficio amministrativo della Segreteria di Stato mons. Alberto Perlasca e il funzionario laico Fabrizio Tirabassi. 

E’ il 20 dicembre 2018 quando Becciu scrive a Perlasca: “Ti ricordi questione suora colombiana? Pare che qualcosa si muova e il mediatore deve aver subito a disposizione i soldi. Li inviamo però a diverse tranche sul conto che più sotto ti indicherò. Primo bonifico: 75000 euro Intestato a ‘Logsic doo’ Causale: ‘voluntary contribution for a humanitarian mission'”. 

In un altro messaggio a Perlasca Becciu alluderebbe al fatto che il trasferimento di fondi fosse stato autorizzato dal Papa: “Ti ricordo che ne ho riparlato con il SP e vuole mantenere le disposizioni già date e in gran segreto”, ricevendo la risposta “ok per suora”. 

Dalle investigazioni è emerso anche che immediatamente dopo lo scambio di messaggi, Perlasca avrebbe inoltrato l’Iban di Logsic a Tirabassi e che analoghe conversazioni tra Becciu e Perlasca e Perlasca e Tirabassi avrebbero avuto luogo anche in occasione della disposizione degli altri bonifici che hanno costituito il deposito della società Logsic doo (avvenuti in data 10-1-2019, 28-2-2019, 24-4-2019, 8-7-2019). 

Secondo gli inquirenti “si può, dunque, concludere con una certezza che esclude ogni possibile ragionevole dubbio, che la Segreteria di Stato ha versato alla Logsic doo somme per finalità istituzionali che, invece, sono state impiegate per finalità del tutto differenti”. 

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