23 Luglio 2021

Il giallo dell’uccisione del parà in Afghanistan, la madre: “No all’archiviazione”

4 minuti di lettura
Il giallo dell'uccisione del parà in Afghanistan, la madre: "No all'archiviazione"

Lettere sparite nel nulla, silenzi, omissioni, perizie contrastanti. Sono trascorsi dieci anni dall’uccisione del caporalmaggiore David Tobini, il parà della Folgore morto ad appena 28 anni il 25 luglio del 2011, a Bala Mourghab, la parte più impervia dell’Afghanistan, e la verità sulla sua morte è ancora tutta da scrivere. Un giallo in piena regola su cui indagano due Procure, quella ordinaria di Roma e quella militare. La Procura ordinaria, con il pm Sergio Colaiocco, lo stesso che si occupa del caso Regeni e del sequestro di padre Dall’Oglio, ha chiesto il 24 settembre scorso l’archiviazione “per l’impossibilità – come apprende l’Adnkronos – di ricostruire in modo univoco i fatti, non conoscendo il tipo di arma da fuoco e la distanza da cui è stato esploso il colpo”. “Dalle ulteriori attività di indagini effettuate non vi sono elementi che possano permettere in maniera univoca una ricostruzione del fatto che ha portato la morte di David Tobini”, si legge nella richiesta di archiviazione. 

Una richiesta a cui la madre di David, Annarita Lo Mastro, una donna battagliera che da dieci anni cerca la verità, si è opposta attraverso il suo legale, l’avvocato Paolo Pirani. Si attende adesso la decisione del Gip di Roma che dovrà sciogliere la riserva, se proseguire l’indagine o archiviarla. “Non può archiviare, in dieci anni mi hanno negato verità e giustizia. Ora pretendo di conoscere come è morto mio figlio”, continua a ripetere la madre all’Adnkronos. “Perché ci sono ancora troppe cose da chiarire”. Già, come scrive il suo legale nella opposizione, l’inchiesta “non può essere archiviata per illogicità della stessa rispetto alle risultanze probatorie”. Perché a parere del legale “il fascicolo in questione avrebbe dovuto avere ben altra conclusione, se non altro con riferimento a molteplici circostanze che avrebbero meritato maggiori approfondimenti ed adeguata considerazione”. “Troppe cose non tornano”, continua a ripetere la mamma del parà ucciso in Afghanistan, che proprio oggi avrebbe compiuto 38 anni. Ma quali sono le “numerose contraddizioni”, di cui parla la famiglia di David, emerse nel corso dell’inchiesta? Intanto, il colpo che ha ucciso David Tobini. Secondo la difesa sarebbe stato un proiettile compatibile con un 5.56 in dotazione alla Nato ad uccidere Tobini. Come hanno ribadito i due consulenti della difesa, il professor Martino Farneti, che in passato si era occupato anche delle stragi Falcone e Borsellino, ed il dottor Ermanno Musto, che “sebbene abbiano lavorato separatamente ed autonomamente, sono arrivati alle medesime conclusioni”. “Il colpo che ha attinto la testa di David è stato sparato ‘pressoché a contatto'”, cioè a distanza ravvicinata.  

“Circostanza questa non affatto smentita sotto il profilo tecnico dalla Relazione del Racis”, scrive il legale nella opposizione, che parla di “argomentazioni apodittiche, contradittorie e prive di scientificità”. Non solo, ci sarebbe anche una contraddizione “su quello che diceva il medico legale e quello che sosteneva il Ris – come dice l’avvocato Paolo Pirani all’Adnkronos – Il Ris dei Carabinieri diceva che il colpo alla testa era posteriore mentre il medico legale diceva che era da anteriore a posteriore. Non è possibile, noi abbiamo evidenza che il colpo è posteriore”. Inoltre, l’elmetto che indossava il caporalmaggiore “non è mai stato analizzato dal punto di vista radiografico. Perché?”. 

La prima inchiesta, aperta dopo la morte di David, portò a un nulla di fatto, e fu archiviata in pochi mesi. Il fascicolo fu chiuso ancor prima che fosse depositata la relazione del Ris sui reperti, molti dei quali distrutti senza essere analizzati chimicamente. Poi, nel 2019, la riapertura delle indagini, grazie alla tenacia di mamma Annarita che continua a portare con se il basco amaranto del figlio parà. Ma cosa è andato storto nell’operazione nella valle di Khame Mullawi, quella mattina del 25 luglio del 2011, durante uno scontro a fuoco con alcuni talebani? E’ stato un commilitone a uccidere il caporalmaggiore dell’Esercito? E’ rimasto vittima del fuoco amico’? La perizia redatta dall’esperto balistico Ermanno Musto, fa emergere che “sull’elmetto e il corpo di David ci sono tracce di ustione e combustione che testimoniano come il colpo sia stato a contatto o nella brevissima distanza”, come ribadisce l’avvocto Paolo Pirani. A indagare è anche la Procura militare. Ha da tempo aperto un fascicolo in cui però, come precisano all’Adnkronos fonti di viale delle Milizie, “non si procede per omicidio colposo”, “allo scopo di verificare l’eventuale sussistenza di aspetti di rilevanza penale militare. Gli accertamenti puntano a contribuire a una esaustiva ricostruzione dei fatti”.  

Non sono mancati i misteri in questa intricata vicenda. A partire da una lettera scritta da David Tobini alla madre che però è scomparsa nel nulla, dopo la sua morte. “Non saprò mai cosa mi aveva scritto mio figlio…”, dice la signora Annarita. David Tobini, dopo avere festeggiato il suo compleanno in Italia era ripartito per tornare in missione in Afghanistan. Ma dopo appena ventiquattrore verrà ucciso. Da chi? “Ho capito dal primo istante che c’era qualcosa che non quadrava nella morte di mio figlio”, dice la donna. Lei è rimasta lucida in tutti questi anni. Ha provato a ricacciare indietro il dolore immenso per la morte del figlio per riuscire a mettere insieme i tasselli di questo puzzle. Ma gli ostacoli incontrati in questo percorso sono stanti, troppi. Annarita Lo Mastro si pone altre domande. Sono stati considerati fino in fondo tutti i possibili rischi di quella missione? Pericoli evidenziati, come sembra, da alcuni soldati. Non era stata predisposta per esempio la copertura aerea, come invece prevede il protocollo in queste occasioni, come spiega la madre: “David aveva capito la pericolosità ed è lì che mi scrive la famosa lettera che poi mi verrà sottratta? Chi ha fatto sparire quella lettera? Troppe cose non tornano, questo puzzle deve essere completato, Manca un piccolo ‘tassello’ da aggiungere”.  

“Dieci anni di silenzi e depistaggi sono tanti, ora voglio la verità. Nessuno ancora sa dirmi come è morto mio figlio. E chi può confermare con tanta sicurezza che si tratti di colposo?”, ha tuonato la madre del parà. (di Elvira Terranova) 

Da non perdere!

P