25 Luglio 2021

Giustizia, Expleo: “Non è lumaca, dal 2014 definite più cause civili di quelle in essere”

6 minuti di lettura
Giustizia, Expleo: "Non è lumaca, dal 2014 definite più cause civili di quelle in essere"

Quante volte abbiamo sentito affermare che la Giustizia nel nostro Paese è lenta o non funziona. Lasciando stare il singolo caso, diversi indicatori statistici degli ultimi anni, in particolare dal 2014 al 2020, a partire dall’entrata in vigore della nuova geografia giudiziaria, sconfessano almeno in parte quel luogo comune.  

Se è vero che nell’ultimo anno la pandemia ha rallentato anche la macchina giuridica, con una riduzione complessiva del 24% delle definizioni ovvero della conclusione dei processi civili di primo e secondo grado nel 2020 rispetto al 2019, a cui è corrisposta una contemporanea diminuzione del 22% dei contenziosi sopravvenuti (Fonte DG Stat Ministero della Giustizia), è anche vero che le istituzioni stanno lavorando a diverse riforme. Prima fra tutte la riforma del processo civile che attualmente è in discussione in parlamento. Tra le principali novità della riforma, la valorizzazione degli strumenti alternativi al processo per la risoluzione delle controversie come negoziazione assistita, arbitrato e mediazione. Un altro punto strategico per la semplificazione del processo civile è quello di implementare l’innovazione telematica introdotta durante l’emergenza Covid.  

Tornando ai numeri, dall’analisi dei dati del Ministero della Giustizia relativi agli anni dal 2014 al 2020, Adnkronos e Expleo hanno ricavato interessanti tendenze sulla giustizia civile. In particolare a partire dal 2014 il numero dei contenziosi definiti nel corso dell’anno è sempre stato superiore al numero di quelli venuti in essere nello stesso anno, come dimostrato dal Clearance Rate sempre superiore a 100. Tale indicatore, espresso in percentuale calcolata dal rapporto tra procedimenti definiti e sopravvenuti, viene utilizzato per monitorare la capacità dei sistemi giudiziari e dei singoli uffici di smaltire i procedimenti sopravvenuti. Negli ultimi tre anni di analisi dei dati il Clearance Rate oscilla da un minimo di 102,80% relativo al 2017 per il Nord Ovest, a un massimo di 105,96% registrato complessivamente nel 2018 nei tribunali del Centro Italia. 

Fatta eccezione per il 2020, anno in cui è esplosa la pandemia, negli anni precedenti anche i tempi di definizione dei procedimenti pendenti alla fine di un anno sono diminuiti per tutte le aree geografiche italiane. Ad esempio, al Nord Ovest il Disposition Time, l’indice che indica appunto i tempi necessari per smaltire i procedimenti pendenti, è sceso dai 301 giorni del 2016 ai 258 del 2019, che rappresenta il miglior valore registrato a livello di area geografica nazionale. Lo stesso indicatore al Sud si è ridotto da oltre 548 giorni del 2014 ai 482 del 2019. Insomma, numeri ancora elevati, ma la strada intrapresa sembra quella giusta. Una strada che con l’entrata in vigore della riforma giudiziaria dovrebbe essere sempre più in discesa.  

Puglia, Abruzzo, Basilicata, Campania, Molise, sono le regioni dove complessivamente si è registrato il maggior numero di contenziosi civili sopravvenuti nel periodo 2014-2020 con 4,8 milioni di procedimenti su un totale nazionale di quasi 17 milioni. Un dato confermato anche nel 2020 con oltre 546 mila nuovi procedimenti contro i 422 mila del Centro e i 419 mila del Nord-ovest, 290 mila del Nord est e 226 mila delle Isole.  

Incrociando i dati di flusso dei procedimenti con la popolazione (fonte Istat) al Sud si registrano 4,1 procedimenti civili ogni 100 abitanti, al Centro e nelle Isole 3,60, al Nord-ovest si scende a 2,70 al Nord-est al 2,50.  

 

Nel 2020, complice la pandemia, i rallentamenti della giustizia hanno fatto fare un passo indietro ai tribunali rispetto allo smaltimento del carico di procedimenti civili, specie riguardo quelli con oltre 50 mila casi sopravvenuti nel corso dell’anno. Possiamo osservare come il migliore tra i grandi tribunali, ovvero quello di Milano, abbia registrato l’anno passato un Clearance rate (percentuale calcolata dal rapporto tra procedimenti definiti e sopravvenuti) pari a 103%. Seguono Roma 99%, Napoli 98,5%, Torino 96%.  

Percentuali dunque per lo più negative, in controtendenza rispetto ai trend positivi degli ultmi anni 2014-2019. In quel periodo, le migliori performance per singolo tribunale si sono avute per quello di Napoli nel 2015 con un Clearance rate di oltre il 130%; Roma nello stesso anno con il 106%, Milano aveva toccato il suo top nel 2014 con il 110%, Torino nel 2015 con il 107%. A livello di tempo necessario per smaltire i processi pendenti (Disposition Time) riferiti al 2020, il capoluogo piemontese balza in testa alla graduatoria con 276 giorni, seguito da Milano (366 giorni), Roma (475 giorni) e Napoli (633 giorni).  

Escludendo l’ultimo anno segnato dal Covid, in precedenza i grandi tribunali hanno registrato performance decisamente migliori, con tempi di smaltimento dei procedimenti pendenti molto più contenuti. Nello specifico l’anno delle performance migliori è stato il 2018 per Milano 261 giorni (109 mila procedimenti sopravvenuti), Roma 356 giorni (181 mila procedimenti sopravvenuti), Napoli 442 giorni (98 mila procedimenti) e il 2019 per Torino con 176 giorni ma a fronte di meno di 90 mila procedimenti sopravvenuti. 

A livello di flussi di procedimenti sopravvenuti nel 2020 la regione più litigiosa d’Italia è la Campania con oltre 243 mila contenziosi. Lo stesso dato rapportato con la popolazione regionale vedo però al primo posto la Calabria con 4,4 casi su 100 abitanti. Lombardia, Veneto e Trentino Alto Adige sono le regioni meno litigiose con dati attorno a 2 ogni 100 abitanti  

I principali temi di contenzioso al Sud nell’ultimo anno sono stati Civile ordinario (22%) che comprende diversi categorie tra cui separazioni e divorzi che incide per il 28%, Altre procedure (20%) con una netta prevalenza di questioni legate all’accertamento tecnico preventivo che incide per il 74% e poi le controversie legate a Lavoro e Previdenza (17%). 

Nel 2020 in Italia sono giunte oltre 53mila procedure di divorzio con il 52% dei casi di divorzio congiunto. Sardegna, Sicilia e Liguria sono le tre regioni con il più alto rapporto tra divorzi sopravvenuti nell’anno e numero di abitanti, quanto emerge ancora dall’analisi Adnkronos ed Expleo su dati del ministero della Giustizia 2014-2020. 

L’area di Nord Ovest è quella dove si sono registrati più procedimenti di divorzio e separazione tra coniugi in Italia. Nel periodo 2014-2020 tra Lombardia, Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta hanno visto il 27% dei divorzi totali con un numero di iscrizioni pari a oltre 300mila. Tuttavia questo trend è in decremento del 34% rispetto al 2014.  

Nella graduatoria dei divorzi segue il Sud con oltre 271mila, il Centro con circa 225mila, Nord est 193mila e le isole con 147.622. Rapportando i dati al totale della popolazione delle singole aree geografiche si scopre che in Sicilia e Sardegna si registra il maggior numero di separazioni e divorzi con 2,8 casi ogni 1000 abitanti, segue il Sud con 2,4, Nord-ovest e Centro (2 casi), Nord-est 1,9.  

Analizzando i dati si possono scoprire interessanti tendenze culturali e sociologiche. Nel periodo 2014-2020 la fine di un matrimonio avviene principalmente con un divorzio congiunto, specie nelle regioni di Nord-ovest una risoluzione invece molto meno utilizzata al Sud e nelle Isole dove prevale il divorzio contenzioso. Allo stesso modo, a livello di separazioni prevale quella consensuale rispetto alla giudiziale, con l’eccezione ancora una volta del Sud dove le due voci sono quasi uguali e delle Isole dove si ricorre maggiormente alla separazione giudiziale.  

Incrociando i dati del 2019 Ministero della Giustizia relativi a divorzi e separazioni con quelli dell’Istat riguardanti i matrimoni dello stesso anno, scopriamo che in Italia le unioni sono superiori alle separazioni. Ma non in tutte le regioni. Liguria, Abruzzo, Lazio, Marche e Sardegna sono le regioni dove nel 2019 i matrimoni conclusi hanno superato i nuovi “si”. La Basilicata ha invece il rapporto più alto (circa il 40%) tra matrimoni celebrati e divorzi/separazioni. 

 

In Italia le cause di lavoro sono in costante diminuzione. Nel periodo 2014-2020 si sono ridotte in maniera netta specie in Campania e Puglia con quasi 20 mila procedimenti sopravvenuti in meno, Lombardia con circa 11 mila in meno, Sicilia 9 mila in meno, Lazio circa 8 mila. E’ quanto emerge ancora dall’analisi Adnkronos ed Expleo. Dati interessanti in quanto si tratta delle 5 regioni che registrano il numero complessivo più elevato di procedimenti legati a lavoro e previdenza: la media delle 5 regioni in questione (Campania, Puglia, Lazio, Lombardia, Sicilia) va da un massimo di 46.174 sopravvenuti nel 2014 a un minimo di 42.328 nel 2020.  

Tra le altre regioni si segnala il caso del Molise che a fronte di un numero complessivo esiguo di cause di lavoro (tra 1900 e 2600 all’anno), balza in testa alla graduatoria nazionale con 8 casi su mille abitanti se si rapporta il dato dei procedimenti alla popolazione regionale.  

Al secondo posto la Calabria con 7,5 casi su mille abitanti e poi il Lazio con 7 su mille. Le meno litigiose per cause di lavoro sono Friuli, Emilia Romagna e Trentino Alto Adige, tutte con meno di 2 casi ogni mille abitanti. Probabilmente in queste tre regioni chi perde il lavoro riesce a ricollocarsi abbastanza rapidamente lasciando stare ricorsi e cause civili. 

Uno dei motivi più ricorrenti nelle cause di lavoro risulta essere il mancato pagamento di stipendi, straordinari, tredicesima, trattamento di fine rapporto. In questo senso i procedimenti sopravvenuti per causa di ingiunzione nel 2020 rapportati alla popolazione vedono ancora il Molise (penultima in Italia per numero di residenti) in cima alla gradutoria con 5 casi su mille abitanti. Al secondo posto il Lazio ma con un rapporto pari a meno della metà (2 casi ogni mille abitanti).  

Da segnalare anche che nel settore privato, nel periodo 2014-2020, si registra in media un numero di contenziosi sopravvenuti per licenziamenti ben 14 volte superiore al settore pubblico. In materia di cause civili per licenziamento (privato e pubblico) nel 2020 le regioni più litigiose in rapporto alla popolazione residente sono state: Lombardia con 1,8 casi su 10 mila abitanti, Lazio 1,7, Liguria 1,6. 

Che le aziende italiane in generale siano diventate resilienti lo dimostrano i dati relativi alle istanze di fallimento che registrano una riduzione del 29% dal 2014 al 2019. Un dato confermato anche nel biennio successivo con un calo del 24,2% dei procedimenti sopravvenuti in tale materia civile. Si passa dalle 30.332 del 2019 alle 22.985 del 2020, un decremento dovuto da una parte alla generale diminuzione di procedimenti sopraggiunti legata alla pandemia, dall’altra agli interventi del Governo che nell’ultimo periodo hanno tamponato diverse situazioni di insolvenza e crisi aziendali.  

Il Nord-ovest è l’area geografica dove si è registrata la diminuzione maggiore con il 28% in meno di istanze di fallimento. Incrociando i dati del Ministero della Giustizia con il numero di imprese per area geografica fornito dall’Istat, scopriamo l’incidenza delle istanze fallimentari sul panorama imprenditoriale territoriale. Nel 2019 il primato negativo spetta al Lazio con 10,2 istanze di fallimento ogni mille imprese, seguono Abruzzo con 9,9, Campania 9,3, Basilicata 8,8, Molise 8,6. Le 5 regioni con le imprese più resilienti sono: Liguria con 5 istanze di fallimento ogni mille imprese, Piemonte 4,9, Friuli Venezia Giulia 4,3, Valle d’Aosta 3,6, Trentino Alto Adige 2,5. Da segnalare anche il dato della Lombardia che nel 2019, con oltre 800 mila imprese censite, ha registrato soltanto il 6,2 per mille di istanze di fallimento. 

Da non perdere!

P