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Covid, lo studio: acqua di scarico anticipa la curva dell’epidemia

Covid, lo studio: acqua di scarico anticipa la curva dell'epidemia

Nelle fogne scorre materiale prezioso per fotografare non solo le abitudini dei cittadini che ne alimentano le acque, dal consumo di farmaci all’uso di droghe, ma anche l’andamento dell’epidemia di Covid 19. Anticipandone la curva fino a 2 settimane rispetto alle tecniche di monitoraggio tradizionali. Lo dimostra uno studio condotto in Lombardia durante la prima ondata pandemica, pubblicato sulla piattaforma preprint ‘medRxiv’ da scienziati dell’Istituto di ricerche farmacologiche ‘Mario Negri’ Irccs, Dipartimento ambiente e salute, e dell’università Statale di Milano, Dipartimento di Scienze biomediche per la salute.  

Gli autori del lavoro, condotto con la partecipazione di Regione Lombardia, hanno seguito l’evolversi di Covid-19 cercando il coronavirus Sars-CoV-2 nei reflui urbani attraverso “un approccio innovativo chiamato ‘epidemiologia delle acque reflue’, spiegano da ‘Mario Negri’ e Statale che annunciano i risultati dello studio, “primo in Italia per numerosità di campioni analizzati”: i dati provano “l’affidabilità dell’epidemiologia delle acque reflue come strumento di sorveglianza dell’andamento epidemico del virus nella popolazione, in grado di anticipare di 7-14 giorni l’andamento della curva epidemica rispetto ai sistemi di sorveglianza esistenti”. 

La ricerca ha coinvolto 8 città lombarde, selezionate tra le aree più colpite dalla prima ondata di Covid-19: Bergamo, Brembate, Ranica, Brescia, Cremona, Crema, Lodi e Milano. Nei loro collettori di ingresso, tra la fine di marzo e la metà di giugno 2020, sono stati prelevati 107 campioni. L’Rna virale è stato rilevato in 65, pari al 61% del totale, “una delle percentuali più alte di positività tra gli studi condotti in altri Paesi europei ed extraeuropei nello stesso periodo”. Punte dell’80% sono state trovate nella Bergamasca, epicentro della prima ondata di Covid. 

Le percentuali di campioni positivi più elevate sono state rilevate, oltre che nell’area di Bergamo (80%), in quella di Brescia (77%) – riferiscono gli autori – mentre nella zona di Cremona sono stati trovati livelli inferiori (58%). Le cariche virali più alte, che riflettono un maggior numero di casi, sono state osservate sempre nella Bergamasca (a Brembate e Ranica) e a Lodi (provincia a cui fa capo la Codogno del ‘paziente uno’) nel periodo marzo-aprile 2020, per poi diminuire nei mesi successivi in concomitanza con le misure del primo lockdown. A metà giugno 2020 le acque reflue di tutte le città investigate sono risultate negative a Sars-CoV-2. Il profilo della carica virale misurata nei reflui urbani è risultato comparabile con il numero di casi attivi registrato nella stessa area. 

La collaborazione tra i due gruppi, dell’Irccs Mario Negri e dell’ateneo degli Studi milanese, è nata all’inizio della pandemia – ricordano Istituto e università in una nota – e ha portato alla messa a punto di una metodologia efficace di rilevazione di Sars-CoV-2 nelle acque reflue cittadine, che è stata applicata a livello regionale. L’analisi è basata sulla concentrazione dell’Rna virale dai reflui urbani, e sulla successiva estrazione e analisi molecolare dell’Rna mediante tecnologia Pcr real time. L’attività di ricerca è proseguita con l’esame dei profili epidemici delle ondate successive di Covid-19, dell’autunno 2020 e dell’inverno-primavera 2021, e i risultati saranno disponibili a breve.  

Gli studi proseguiranno ora nell’ambito di una Rete lombarda di sorveglianza epidemiologica dei reflui urbani, promossa dalla Regione, e della rete nazionale (Sari) promossa dall’Istituto superiore della sanità (Iss). Proprio per il monitoraggio delle acque reflue, infatti, il Dl Sostegni Bis recentemente approvato ha previsto un finanziamento di quasi 6 milioni di euro con l’obiettivo di controllare le ‘mosse’ di Sars-CoV-2 e delle sue varianti. 

“L’Istituto Mario Negri – sottolinea Ettore Zuccato, capo laboratorio Dipartimento ambiente e salute dell’Irccs fondato e presieduto da Silvio Garattini – ha sviluppato l’approccio innovativo chiamato epidemiologia delle acque reflue nel 2005 per stimare il consumo di sostanze quali droghe d’abuso, alcol e farmaci nella popolazione mediante analisi di metaboliti urinari nei reflui urbani non trattati. L’anno scorso ci siamo subito adoperati per sviluppare una nuova applicazione legata all’analisi di virus nei reflui urbani”.  

“L’università Statale di Milano – evidenziano i docenti Sandro Binda ed Elena Pariani, impegnati nella rete di sorveglianza integrata Covid-19 in Lombardia – si occupa di sorveglianza virologica ambientale da oltre un decennio, ossia l’analisi di reflui urbani prelevati all’ingresso di un depuratore per identificare l’introduzione e la distribuzione di virus eliminati dal tratto fecale, tra cui enterovirus”. 

“Come dimostrato dal presente studio – commenta Sara Castiglioni del Mario Negri – la sorveglianza virologica dei reflui urbani ha grande potenzialità di impiego, poiché permette di ottenere un profilo dei contagi includendo contemporaneamente le infezioni sintomatiche e asintomatiche di un’intera popolazione”. Una strategia che secondo gli scienziati tornerà utile anche in era post-Covid: “La metodologia sviluppata – assicurano – rappresenta uno strumento pronto all’uso per il monitoraggio di altri eventuali virus a potenziale epidemico/pandemico che potrebbero presentarsi in futuro”. 

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