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Vaccino Covid, sindrome trombosi rare ‘Vitt’: ecco le possibili cause

Vaccino Covid, sindrome trombosi rare 'Vitt': ecco le possibili cause

Vaccinazione contro il Coronavirus e rare trombosi, dopo i casi con AstraZeneca un gruppo di scienziate fa il punto della situazione. “Una sindrome nuova, mediata da auto-anticorpi, molto diversa dalle classiche trombosi venose profonde che hanno altre cause”: la descrivono così 12 esperte, le ‘Scienziate per la società’, che in un intervento pubblicato oggi sul ‘Corriere della Sera’ fanno il punto su cosa si sa delle rare trombosi, associate a una diminuzione delle piastrine, che sono state segnalate soprattutto in “donne di età compresa tra i 20 e i 55 anni” dopo la vaccinazione con AstraZeneca. Mentre anche il vaccino di Johnson & Johnson è sotto esame per alcuni casi sempre di trombosi rare, le scienziate si concentrano sugli studi disponibili. Due lavori, appena pubblicati sul ‘New England Journal of Medicine’, che “aiutano a fare chiarezza” spiegano. 

“Questi studi hanno caratterizzato le complicazioni in 11 soggetti tedeschi e austriaci e 5 norvegesi, prevalentemente donne. I dati dimostrano che i sintomi (difficoltà respiratoria, dolore al petto, forte mal di testa, dolore addominale persistente, vista offuscata, vertigini, comparsa spontanea di lividi) compaiono da 5 a 20 giorni dopo la vaccinazione e correlano con la produzione di anticorpi contro un normale componente del nostro organismo, una proteina prodotta dalle piastrine che si chiama FP4. Questi auto-anticorpi patologici si legano a FP4, attivano le piastrine provocando una catena di eventi che portano alla trombosi”. 

“Sulla base di alcune importanti caratteristiche e della probabile associazione col vaccino, questa sindrome è stata denominata trombocitopenia trombotica immune indotta da vaccino (Vitt)”, proseguono le esperte Anna Rubartelli, Rossella Marcucci, Giulia Casorati, Anna Mondino, Michela Matteoli, Maria Rescigno, Valeria Poli, Paola Romagnani, Lucia Altucci, Barbara Bottazzi, Michaela Luconi e Francesca Fallarino. 

“Ad oggi, casi di trombosi con caratteristiche di Vitt sono stati riportati in diversi Paesi europei ed Ema (l’Agenzia europea per i medicinali) ne ha suggerito il legame causale con il vaccino AstraZeneca. Anche l’italiana Aifa ha sostenuto questa correlazione e ha proposto che in Italia il vaccino AstraZeneca sia riservato a soggetti di età superiore ai 60 anni, allineandosi almeno in parte con il limite imposto in altri Paesi europei. La situazione rimane ancora confusa, sia perché Aifa ha solo raccomandato, e non obbligato, la limitazione d’età, sia perché la frequenza e le caratteristiche della sindrome sono ancora poco definite”, ragionano le Scienziate per la società. 

“La buona notizia – scrivono – è che esiste una terapia per curarla, quando diagnosticata precocemente: infusione di immunoglobuline ed anticoagulanti non eparinici. Il gruppo di esperti in coagulazione, diretti dalla professoressa Rossella Marcucci dell’Università di Firenze, ha identificato uno dei primi casi italiani di Vitt grazie a particolari saggi di attivazione piastrinica sviluppati appositamente, che hanno permesso di mettere a punto la strategia terapeutica di elezione. E’ ora necessario che gli ospedali ricevano indicazioni precise su come riconoscere e trattare questa sindrome e che i medici vaccinatori siano allertati ed informati per incoraggiare i soggetti vaccinati a chiedere assistenza medica se dovessero insorgere i sintomi caratteristici. Solo così si potrà trattare tempestivamente la possibile trombosi post-vaccino”. 

Essendo sia il vaccino J&J che quello AstraZeneca “basati su vettore adenovirale, è probabile che queste gravi reazioni siano dovute a componenti comuni ai due vaccini. Nell’attesa di conferme, la limitazione d’età dovrebbe essere estesa a Johnson & Johnson”, concludono. 

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