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Vaccini in azienda, presto l’accordo: al via il 6 aprile

Vaccini in azienda, presto l'accordo: al via il 6 aprile

Presto il via ai vaccini in azienda: dalla prossima settimana, infatti, e più esattamente dal 6 aprile, giorno in cui governo e parti sociali firmeranno un accordo ad hoc, anche le imprese potranno scendere in campo contro l’epidemia potenziando così la rete vaccinale predisposta dall’esecutivo contro il Covid. Un canale parallelo alla rete ordinaria e non già una procedura alternativa, quello aziendale, che servirà a rafforzare la capillarità necessaria all’obiettivo di un mondo del lavoro “covid free”. Tutto sarà dunque pronto da martedì anche se l’operatività reale dell’intesa che porta la firma congiunta deli ministro del Lavoro, Andrea Orlando, e della Salute, Roberto Speranza, potrà partire solo a fronte di una fornitura di vaccini che sia finalmente a regime. 

L’accordo al quale governo imprese e sindacati hanno lavorato da circa 1 mese, dopo la disponibilità offerta a gran voce dalle aziende, sarà comunque un’intesa che varrà a livello nazionale su tutto il territorio ma che non si tradurrà in norme vincolanti: presupporrà infatti l’adesione volontaria dei datori di lavoro e dei lavoratori. Né sarà previsto un requisito minimo di carattere dimensionale per le aziende che potranno dunque candidarsi liberamente, nel caso in ‘partnership’ , anche se è evidente come i grandi gruppi, sopra i 250 dipendenti, più strutturati, avranno una maggiore capacità di rispettare gli standard minimi di agibilità. L’obiettivo comunque è quello di arrivare a vaccinare tutti i lavoratori, anche quelli delle cosiddette micro-aziende: per questo il governo utilizzerà anche gli ambulatori Inail .  

Una ‘potenza di fuoco’ consistente, comunque, quella che arriva dalle imprese che in circa 7.500 si sono messe a disposizione: il 75% nel Nord, il 13% al Centro e il 12% tra il sud e isole mentre sono oltre 10.000 i locali che potrebbero ospitare le strutture mediche. Saranno comunque solo i lavoratori a poter accedere al vaccino; sembra sia prevalsa infatti la linea di escludere i familiari come pensato in un primo momento. Un’opzione che trova d’accordo molti, da Confapi a Cgil. La vaccinazione del personale avverrà tenendo conto di alcune priorità coerenti con quelli adottati a livello ordinario: età e fragilità.  

Ma il dibattito giuridico spiega come in assenza di una legge sia difficile esigere che un lavoratore si vaccini. Tanto più si sia in presenza di no-vax. L’art. 32 della Costituzione infatti, dicono in coro, consente l’obbligo di trattamento sanitario solo in presenza di legge. Un obbligo di legge peraltro che a suo tempo, quando si trattò di debellare l’epatite virale, venne introdotto. Sempre martedì prossimo Governo e sindacati firmeranno anche l’aggiornamento del protocollo di sicurezza per il contrasto e il contenimento del Covid controfirmato all’inizio della pandemia. Il testo, che a quanto apprende l’Adnkronos, detta le regole anti-contagio cui devono uniformarsi datori di lavoro e lavoratori, si adegua dunque ai cambiamenti intervenuti nel corso della pandemia fino a quanto dettato dall’ultimo Dpcm del 2 marzo scorso, nonché di quanto emanato dal Ministero della salute. 

Continueranno perciò a “risultare utili, per la rarefazione delle presenze dentro i luoghi di lavoro, le misure straordinarie finora adottate dal Governo, in particolare in tema di ammortizzatori sociali per tutto il territorio nazionale”. Anche l’utilizzo del lavoro agile da parte dei datori di lavoro privati entra di diritto nell’aggiornamento del Protocollo che sollecita le imprese a garantire il massimo utilizzo di questa nuova forma di lavoro per quelle attività che possono essere svolte al proprio domicilio o in modalità a distanza, nonché per quelle non sospese; a limitare al massimo gli spostamenti all’interno dei siti contingentando l’accesso agli spazi comuni; e ad assicurare, laddove non fosse possibile rispettare il mantenimento della distanza interpersonale di un metro come principale misura di contenimento, che venga indossata la mascherina chirurgica, fatta salva l’adozione di ulteriori strumenti di protezione individuale sulla base del Dvr. 

Il nuovo Protocollo inoltre riscrive anche la ‘norma’ con cui prevedere il rientro in azienda di lavoratori risultati positivi al Covid: ora sarà comunque possibile ritornare al lavoro dopo il 21esimo giorno di quarantena anche nel caso il tampone continuasse ad essere positivo. 

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