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Test salivari a scuola, cosa dicono gli esperti

Test salivari a scuola, cosa dicono gli esperti

Test salivari a scuola per gli studenti: è questa l’idea per rendere più sicuro il rientro in classe in massa previsto a partire da lunedì 26 aprile. La Lombardia ha deciso di portarsi avanti, dando il via libera al loro utilizzo da maggio. Ma cosa ne pensano gli esperti? Possono davvero i test salivari essere utili per monitorare il covid tra i banchi?  

Questi test, spiega il presidente della Lombardia Lucio Fontana, sono “meno invasivi e più semplici da utilizzare e hanno la stessa validità del tampone nasofaringeo molecolare”. Pertanto “ci consentiranno di attuare un monitoraggio ancora più accurato della diffusione del virus, senza la necessità di impiegare personale sanitario, che potrà dedicarsi alla campagna vaccinale e alla cura dei pazienti ricoverati e non negli ospedali”. 

“La richiesta di utilizzare i salivari molecolari -sottolinea il governatore lombardo- era già stata avanzata diversi mesi fa al Cts nazionale senza ottenere risposte. Finalmente ieri il ministro Speranza ha confermato che tutti i tipi di test già autorizzati in Paesi che fanno parte del G7 possono essere utilizzati anche in Italia”. E quindi, “considerando che questo test ha già ottenuto l’autorizzazione in gran parte di questi tra cui la Francia, Usa e Giappone, la nostra regione sarà la prima ad utilizzarlo in Italia, in sostituzione del tampone molecolare nasofaringeo, al momento unico strumento per confermare la positività al Covid-19”. 

“La possibilità di avere una risposta pronta e rapida” con i test salivari “ci dà una notevole spinta per cercare di limitare il problema nei contesti delle scuole, che continuo a sostenere sono ambiti dove l’infezione, soprattutto questa data dalla variante inglese, non può che circolare nei locali scolastici o sui mezzi di trasporto dove i ragazzi sono esposti. Evviva, quindi alla sperimentazione promossa dall’Università di Milano. E’ una operazione importante e fondamentale, auspicavo che ci fosse una situazione a tre gambe: vaccinazioni, test e chiusure mirate”. Lo ha affermato Massimo Galli, responsabile di malattie infettive dell’ospedale Sacco di Milano, ospite di Sky Tg24, commentando il via libera della Regione Lombardia. 

“Spesso dei test salivari si sono sottolineate la scarsa sensibilità e validità. Ma per contro c’è il vantaggio della facile esecuzione e della rapidità dei risultati. Se il test è stato validato può essere un buon sistema per il monitoraggio dei casi nelle scuole. Non dico che si debba fare tutti i giorni, ma anche una volta a settimana va bene. Si possono rintracciare casi asintomatici ed evitare focolai nelle classi”. Lo afferma all’Adnkronos Salute Massimo Andreoni, direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit) e primario di Infettivologia al Policlinico Tor Vergata di Roma. 

“La saliva va benissimo per diagnosticare il Covid-19 senza il fastidio del tampone nasofaringeo, soprattutto nei bambini”. Così il virologo dell’Università Vita-Salute di Milano, Roberto Burioni, commenta sul sito di informazione e comunicazione scientifica ‘MedicalFacts’, da lui fondato, la possibilità di utilizzare i test salivari nelle scuole. A supportare la tesi del virologo, uno studio pubblicato sulla rivista scientifica ‘Lancet’, firmato dalla scienziata affiliata all’Università di Yale, Anne L. Willie, secondo cui “i metodi di test Sars-CoV-2 ad alta sensibilità basati sulla saliva permettono test frequenti e convenienti, sfidando il tampone nasofaringeo per la designazione di un tipo di campione di riferimento”. Gli studi che utilizzano metodi che impiegano la saliva “hanno mostrato una maggiore sensibilità rispetto ai tamponi”, sottolinea Burioni. 

Ancora, viene spiegato nello studio, proprio come per la rilevazione dell’Rna della Sars-CoV-2, il test della saliva “è un’alternativa possibile al test degli anticorpi basato sul sangue, con gli anticorpi nella saliva che riflettono le concentrazioni nel siero”. Quindi, “un singolo campione di saliva non invasivo può consentire contemporaneamente l’identificazione di casi attivi, casi precedenti e risposte immunitarie indotte dal vaccino”, conclude la ricerca. 

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