26 Marzo 2021

Agricoltura, tra illegalità e appalti poco chiari al palo diritti lavoratori

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Agricoltura, tra illegalità e appalti poco chiari al palo diritti lavoratori

Il contratto collettivo nazionale è, e rimane, la stella polare del lavoro in agricoltura. All’interno di quel perimetro la politica deve tuttavia individuare le forme più snelle e percorribili per dare risposte certe alle imprese e agli addetti. E’ questa la posizione di Confagricoltura emersa nel webinar organizzato dall’Organizzazione leader nella rappresentanza dei datori di lavoro agricolo insieme ad Umana e Agronetwork. Le aziende si trovano oggi in una situazione di difficoltà: da un lato devono continuare a svolgere la propria attività, tanto più nel periodo emergenziale per soddisfare il fabbisogno alimentare del Paese, dall’altra faticano a reperire sul mercato, in tempi rapidi, manodopera professionalizzata che garantisca adeguati livelli di produttività. Resta quindi forte la spinta a forme di esternalizzazione, ma permane la preoccupazione delle imprese di incorrere in possibili violazioni di una normativa, quella sugli appalti di servizi, che presenta ampie zone grigie e solleva forti dubbi interpretativi che possono portare all’applicazione di sanzioni assai gravose.  

Occorrono quindi adeguate politiche per favorire un’occupazione più stabile e di qualità anche nel settore agricolo, attraverso la rimozione degli ostacoli che scoraggiano le imprese nell’assunzione, quali l’elevata pressione fiscale e contributiva sul lavoro, la complessità degli adempimenti, gli incentivi per l’assunzione effettivamente fruibili. Nella gestione di AgriJob, il portale della Confederazione riconosciuto dal Ministero del Lavoro che incrocia domanda e offerta di manodopera, Confagricoltura ha rafforzato l’accordo con Umana, l’agenzia italiana per il lavoro con 140 filiali operative sul territorio, proponendo anche la formazione gratuita per le imprese e i lavoratori. 

“I centri per l’impiego – ha affermato la sottosegretaria al ministero del Lavoro e Politiche Sociali, Tiziana Nisini – non funzionavano prima e non funzionano ora con tutti gli interventi normativi che sono stati fatti negli ultimi anni per implementarli. Magari si è lavorato molto sulle politiche attive del lavoro, ma non hanno funzionato. Un obiettivo importante e una prova importante ed essenziale è il recovery fund perché molto è stato inserito dalle politiche attive del lavoro. Quest’ultime però vanno stravolte, vanno fatte politiche del lavoro serie e coinvolgenti”.  

“Nonostante le importanti risorse stanziate – ha osservato la sottosegretaria Nisini – i centri per l’impiego non sono riusciti a portare un risultato sufficiente tra domanda e offerta di lavoro. Quindi un obiettivo di questo ministero sarà quello di far funzionare queste politiche attive e avvicinare, anche con la promozione, il mondo dei giovani a quello dell’agricoltura. La legge del caporalato non deve esser stravolta ma bisogna apportare correttivi per arrivare a delineare un confine netto tra il rientro criminoso e magari un’irregolarità che per quanto grande possa essere non è riconducibile ad un evento criminoso”. “Per questo – ha auspicato – sarebbe necessaria una riflessione con tutti gli attori coinvolti per capire quali sono i problemi e magari le difficoltà che incontrano le aziende ‘perbene’ che sono lontane da azioni criminose”.  

“Sulle esternalizzazioni in agricoltura – ha aggiunto – la somministrazione funziona, ma il problema sono gli appalti di servizi che in queste aziende hanno preso il sopravvento. Per questo serve una norma. Purtroppo nel nostro Paese ci sono troppe norme e vive di interpretazioni che creano rigidità e sono avverse alla flessibilità. La burocrazia è tanta, se ne parla da sempre ma di fatto quando si produce una norma, indipendentemente dal partito molto spesso si creano maggiori difficoltà piuttosto che alleggerire le aziende. In particolare, quelle del mondo agricolo che fanno parte di un settore che anche durante la pandemia hanno sempre lavorato, mantenendo anche i livelli di occupazione”. 

Per Luisa Todini, presidente Agronetwork “E’ fondamentale creare una filiera importante con le esternalizzazioni in agricoltura e parlare di quello che è l’operato delle aziende”. “Se i produttori – ha spiegato – sono forti le aziende agricole vivono anche di altro come agriturismo, impianti fotovoltaici ad esempio, altrimenti possono essere destabilizzati a causa di un disallineamento tra anno finanziario e anno economico. Molto è stato fatto, anche prima della pandemia, da parte della Bei per far sì che anche i giovani si avvicinassero all’agricoltura e che ci fosse un avvicinamento al fondo agricolo. Non bisogna presentare in maniera negativa il contoterzismo, ma si deve far sì che venga fatto in maniera trasparente e che porti un beneficio all’agricoltura, venendo incontro anche ai piccoli imprenditori che fanno il contoterzismo”.  

Netta la posizione dei segretario generale della Fai Cisl, Onofrio Rota, della Flai Cgil, Giovanni Mininni, e della Uila Uil, Stefano Mantegazza intervenuti al webinar “Quello dell’agroalimentare – ha ricordato Onofrio Rota – è un settore su cui si può investire e che ha mantenuto in maniera piuttosto stabile il livello occupazionale. In Italia abbiamo 900mila occupati a tempo indeterminato, di cui molti sono lavoratori immigrati che in questi ultimi anni hanno visto un’ascesa importante. Il settore registra anche una grossa fetta di lavoro irregolare e si stima che circa 350mila persone siano vittima di sfruttamento”. 

“In questa fase particolare della pandemia – ha chiarito – i lavoratori dell’agricoltura sono considerati di serie B in quanto i sostegni sono andati all’imprenditoria ma i lavoratori non hanno ricevuto nulla. Come sigle sindacali siamo un punto di riferimento sul territorio sul quale possiamo monitorare la situazione, possiamo fare analisi dei fabbisogni anche formativi e dare risposte agli imprenditori che a volte ricorrono all’illegalità perché non hanno adeguati strumenti per regolarizzare, ma che invece attraverso la somministrazione possono trovare un’opportunità per regolarizzare”. 

“Il fenomeno delle esternalizzazioni – ha sottolineato il segretario generale della Flai Uil Mininni – è un fenomeno che avanza sempre di più nel settore agricolo. Si nota come il contoterzismo venga fatto principalmente perché molto spesso le macchine non sono possedute dall’imprenditore perché richiederebbe importanti investimenti. Però non siamo d’accordo con le esternalizzazioni quando vengono fatte comprimere i salari e i diritti dei lavoratori. Per noi va bene che le agenzie di somministrazione intervengano nel settore, ma a Confagricoltura chiediamo che a livello territoriale ci si possa confrontare. Noi in Italia ci siamo dotati di una legge che interviene contro lo sfruttamento del caporalato che ci può essere utile nella competizione internazionale”. 

Il segretario generale della Uila Uil, Stefano Mantegazza, ha affermato che “le cooperative di lavoro agricolo sono la vera piaga dentro la quale si nascondono forme di violazione, di lavoro neo, sotto salario e sfruttamento. Quelle buone durano negli anni, quelle meno buone che non rispettano i diritti dei lavoratori scompaiono in tempo per evitare le sanzioni fiscali per mancato pagamento dei contributi ad esempio”. Il sindacalista ha proposto che “l’Inps costruisca una sorta di albo speciale che preveda l’autorizzazione ad aprire solo a determinate condizioni così da distinguere i ‘pirati’ da quelli che invece vogliono fornire un servizio adeguato alle aziende agricole.  

“I centri per l’impiego – chiarito il presidente di Adapt, Emmanuele Massagli – intermediano pochissimo il personale agricolo, non riuscendo ad intercettare il personale che serve al settore. E’ importante scommettere sulla formazione: abbiamo un modo di istituti professionali che potrebbero essere coinvolti per formare personale per una funzione diretta, per un appalto o per la somministrazione”. “Quello dell’agricoltura – ha ricordato – è un settore estremamente sottovalutato. Infatti, quando si studiano i rapporti di lavoro prevale un approccio ideologico del partire dai problemi, quando invece stiamo parlando di un settore che riesce a dare soluzioni molto interessanti”.  

“Se l’appalto non è genuino – ha sottolineato – il rischio è quello di una somministrazione illecita. Gli indici di genuinità che si sono andati formalizzando richiedono la specifica qualificazione dell’appaltatore, cioè l’impresa deve avere una forma legale e anche sostanza effettiva imprenditoriale, deve disporre di uno specifico potere direttivo e organizzativo sui propri dipendenti. Il personale dell’appaltatore, infatti, deve rispondere esclusivamente a indicazioni e ordini provenienti dai dipendenti dell’appaltore stesso e, quindi, laddove sono invece i dipendenti del committente a dare indicazioni o addirittura a disporre provvedimenti come richiami questo è sicuramente un indice di possibile non genuinità dell’appalto. Allo stesso modo l’appaltatore deve essere in possesso della disponibilità giuridica dei mezzi che possono essere anche dell’appaltante. I lavoratori non devono svolgere attività svolte dai lavoratori del committente o inserirsi in modo ambiguo nel ciclo produttivo”. 

 

 

 

 

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