26 Febbraio 2021

Sabino Cassese: “Serve discontinuità da Conte bis, si riparta da art. 16 con Dpcm in soffitta”

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Sabino Cassese: "Serve discontinuità da Conte bis, si riparta da art. 16 con Dpcm in soffitta"

“Discontinuità” rispetto al Conte bis da declinarsi mettendo fine alla “cacofonia di voci” udite l’anno scorso, “ripartendo dall’articolo 16 della Costituzione per quanto riguarda le libertà di circolazione dei cittadini” e “mandando in soffitta il Dpcm”. Ne parla il giudice emerito della Corte Costituzionale, professore Sabino Cassese, discorrendo con l’Adnkronos anche delle criticità emerse per la “errata interpretazione” del titolo V, delle sfide della Pubblica amministrazione “ben chiare al ministro Brunetta” e della necessità o meno di riforme all’impianto costituzionale del 1948 in cui “vi sono parti che non hanno trovato attuazione, sono state dimenticate”. 

Come si deve muovere il governo Draghi: in continuità o discontinuità con il governo precedente? Ancora Dpcm o decreto legge? Quali devono essere il metodo, lo strumento e le sfide? “È necessaria la discontinuità – risponde Cassese – La Corte costituzionale si è pronunciata già due volte, nelle ultime settimane, disponendo che gli interventi di contrasto della pandemia fanno parte della profilassi internazionale, che spetta in via esclusiva allo Stato. Dunque, la cacofonia di voci che abbiamo sentito nel corso dello scorso anno deve cessare”. “In secondo luogo – prosegue – bisogna ripartire dall’articolo 16 della Costituzione. Questo richiede che, per limitare la libertà di circolazione dei cittadini e degli altri residenti, è necessario innanzitutto una legge e che essa deve essere di carattere generale. Quindi occorre che vi sia un atto normativo, prima che possano essere emanati atti amministrativi. Infine – rimarca – è bene mandare in soffitta il Dpcm e, una volta adottate leggi o decreti legge, ricorrere ai decreti del presidente della Repubblica, oppure alle ordinanze, come prevede la legge del 1978. Aggiungo che i cittadini, duramente provati nell’anno trascorso dalla scarsa chiarezza, nonché dalle molte incongruenze del governo, vorrebbero poter leggere atti normativi ed amministrativi scritti in modo chiaro, senza rinvii ad altri atti, comprensibili”. 

Ma alla luce delle criticità emerse nell’ultimo anno, ritiene che sia necessario intervenire sul Titolo V? “Il titolo quinto della Costituzione, quello che riguarda il rapporto tra Stati e cittadini, ha funzionato bene – risponde – Purtroppo, è stato interpretato male. Il primo luogo, come ho osservato, si è pensato che gli interventi di prevenzione della pandemia rientrassero nella materia della sanità, mentre invece rientrano nella materia della profilassi internazionale (su questo punto la Corte costituzionale – alla quale si è rivolto proprio il governo – è stata molto chiara). In secondo luogo, anche se si fosse trattato della materia della sanità, sulla quale concorrono competenze statali e regionali, è mancata una legge cornice statale, mentre l’articolo 117 della Costituzione prevede che la determinazione dei principi fondamentali è riservata alla legislazione dello Stato”.  

Considerando la recente pronuncia della consulta sulla Val d’Aosta, le ordinanze di Emiliano sul fronte scuola, i dpcm e la richiesta corale di libertà di scelta di famiglie e docenti sulla Didattica a distanza, anche attraverso il Comitato dad per tutti, ritiene sia necessario un intervento del legislatore? “Le pronunce della Corte costituzionale sono due, quelle alle quali ho fatto riferimento prima. Esse attribuiscono allo Stato la principale responsabilità. Questo non vuol dire che le regioni escano completamente di scena. Significa soltanto che debbono operare allineandosi alle indicazioni statali”. 

Come si può semplificare la burocrazia, identificata da tanti come ostacolo all’economia? “Il ministro Brunetta ha ben chiari gli obiettivi della riforma amministrativa – attesta Cassese – anche perché è già stato ministro della funzione pubblica. È urgente ridisegnare molti processi di decisione farraginosi. Alimentare con personale ben scelto i vertici amministrativi. Liberare i funzionari amministrativi delle troppe responsabilità civili, penali e contabili che sono state scaricate sulle loro spalle. Sopprimere i controlli preventivi”. 

E’ giunto il momento di cambiare l’impianto costituzionale del 1948? Se sì, a partire da quali riforme? “L’impianto costituzionale del 1948 ha complessivamente retto bene – rileva il giudice emerito – Tuttavia, già al momento del suo varo, fu osservato che il vertice dell’esecutivo, il governo, doveva essere stabilizzato con i rimedi propri di un regime parlamentare “razionalizzato”. Successivamente, l’ordine giudiziario ha rotto gli argini, con un processo di politicizzazione endogena che non è stato previsto nel 1948 e non era a quell’epoca prevedibile. Infine – sottolinea – vi sono parti della costituzione del 1948 che non hanno trovato attuazione, sono state dimenticate: le comunità di lavoratori ed utenti, i consigli di gestione, la promozione della partecipazione del risparmio popolare all’azionariato dei grandi complessi produttivi del Paese, l’ordinamento interno a base democratica dei sindacati e la loro registrazione, per fare alcuni esempi”. 

(di Roberta Lanzara) 

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