19 Febbraio 2021

Codogno un anno dopo, partorire in zona rossa: “Il terrore negli occhi delle neo mamme”

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Codogno un anno dopo, partorire in zona rossa: "Il terrore negli occhi delle neo mamme"

“Il terrore nei loro occhi. Ricordo soprattutto quello delle donne che arrivavano in reparto”. Anastasia Giuliani, 42 anni
, ostetrica a Lodi, ha vissuto la pandemia da una prospettiva particolare, quella delle “gravide” durante l’emergenza Covid19. “Per un periodo non sono riuscita a dormire la notte. Eravamo tutti spaventatissimi, soprattutto all’inizio”. Nel suo reparto di ostetricia, dove è coordinatrice, i nati del 2020 sono stati 1.069, poco meno dei 1.234 del 2019, ma i travagli di questi ultimi dodici mesi, racconta all’Adnkronos, sono stati i piĂą complessi di sempre. Quel 21 febbraio di un anno fa, il suo reparto è stato catapultato immediatamente nella bufera: la moglie di Mattia Maestri, il paziente 1 scoperto a Codogno, stava frequentando un corso di accompagnamento alla nascita sotto la responsabilitĂ  dell’ostetricia di Lodi ed era positiva.  

“Quando lo abbiamo saputo eravamo al buio, nessuno sapeva nulla e non avevamo alcuna indicazione sul da farsi”. Improvvisamente, Anastasia e le sue colleghe sono tempestate dalle chiamate di mamme in attesa, alcune anche nella prima zona rossa, improvvisamente isolate e angosciate da ciò che sentono. “Non era ancora noto il fatto che la mamma non passasse il virus al feto, nĂ© si conoscevano gli effetti del Covid sui neonati”.  

Il caos è durato per un po’, ma in pochissimi giorni l’ostetricia di Lodi è stato in grado di mettere in campo una serie di strumenti con cui supportare e soprattutto cercare di tranquillizzare le donne, molte delle quali non volevano piĂą mettere piede in ospedale o, addirittura, chiedevano di partorire da casa. “Innanzitutto, e siamo stati tra i primi in Italia, abbiamo cominciato a fare i corsi pre-parto online. Poi – spiega Giuliani – abbiamo creato ‘pronto mamma’, un numero di riferimento a cui rispondevo sempre io cercando di risolvere ogni tipo di problematica, e abbiamo organizzato l’home visiting, le visite post parto a domicilio con una rete di ostetriche sul territorio”.  

La parte piĂą complessa del lavoro è stata in sala parto. L’hub per le partorienti Covid era stato individuato a Pavia, “ma bisogna considerare che non è facile trasferire una donna in pieno travaglio e gli esiti dei tamponi non sono immediati”, spiega l’ostetrica. Da qui, la necessitĂ  di creare un’area Covid e una non Covid per le partorienti, con tutti i rischi del caso. “Il travaglio è il momento di massima emissione di droplet: una donna in iperventilazione, sofferente, non può certo tenere la mascherina”. Sanificazioni, area filtro, video tutorial per le ‘vestizioni’ non sono bastati. “Alcune delle nostre ostetriche e dei nostri colleghi si sono ammalati, ma abbiamo retto”. Per tutti poche ferie e tante ore di straordinari per aiutare il gruppo, “ma quando si sceglie questo lavoro bisogna farlo bene”.  

Anastasia, due figli e un passato alla clinica Mangiagalli, docente di ostetricia ai giovani laureandi del corso di scienze infermieristiche dell’UniversitĂ  Statale di Milano, non è solita spaventarsi, ma, racconta, “una volta in questi mesi è successo”. L’episodio è quello di una donna di appena 30 anni o poco piĂą, arrivata a Lodi con una gravidanza alla 28esima settimana e il Covid. “Aveva difficoltĂ  respiratorie, ma era molto giovane, e questo ci ha scioccato. E’ stata accompagnata con l’ambulanza all’ospedale di Pavia, dov’è stata intubata ed è stata sottoposta a un parto cesareo”.  

Dopo questa esperienza, “ho chiesto che anche le ostetriche potessero fare i corsi in ospedale per l’utilizzo dei caschi e dell’ossigeno”. Tra tanta sofferenza e smarrimento, “quello che mi ha regalato la pandemia è stato sapere di essere circondata da un gruppo di professionisti meravigliosi. Ci siamo uniti ancora di piĂą e siamo riusciti a fronteggiare ogni cosa”. Il 27 dicembre scorso, Anastasia Giuliani è stata tra le prime a ricevere la sua dose di vaccino. “Lì, ho visto gli abbracci mancati, un punto zero da cui rinascere”. E far nascere. 

(di Vittoria Vimercati)  

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