19 Novembre 2020

L’intervista a Mingo

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L'intervista a Mingo

Mingo, è una vera forza della natura e rimanergli indifferenti, è impossibile. Incontrarlo e aprire con lui, lo scrigno dove raccoglie tutte le sue performance, le idee, le sceneggiature, le imitazioni, i ricordi, le esperienze fatte, ci catapulta in un mondo fantastico dove non solo si ride, ma si riflette.

Questa è la sua vera magia. Il suo è un caleidoscopio attraverso il quale si vede la vita, quella vera di tutti i giorni, ma con un filtro che ne esalta i colori.

L'intervista a Mingo
L'intervista a Mingo

Mingo è Mingo da sempre, perché questo nomignolo è suo dai tempi dei tempi, forse dell’asilo. Il nostro Mister Bean pugliese doc, ironico e sensibile, può passare dall’essere un inusuale Re Claudio nell’Amleto al Teatro di Segesta, al testimonial di uno spot dove interpreta Pin adulto autistico, nel quale con delicatezza e una forza espressiva incredibile, commuove. Il vero problema è chiudere la nostra intervista, perché ci sarebbe da scrivere per ore tanti sono gli spettacoli di cabaret, i corti, i film, i teatri che l’hanno visto protagonista e le idee alle quali sta lavorando.

Un bell’incontro con un attore che sa far ridere e piangere, rendendo appassionante qualunque cosa con la naturalezza dei grandi. 

Domenico De Pasquale, come sei diventato Mingo?

Tutto è cominciato, classicamente al liceo scientifico di Bari. Sono stati anni molto divertenti, non sono mai stato un granché come studente; non studiavo perché avevo altro cui pensare. Durante quegli anni facevo imitazioni, che mi venivano benissimo e con le quali ero diventato una star passando di classe in classe a esibirmi, praticamente un tour. Questo m’impegnava parecchio, rendendomi impossibile studiare, cosa della quale non i sono mai preoccupato. Ben presto la mia “popolarità” divenne tale che, quando facevo X (saltavo) andavo in una radio privata a esibirmi. Insomma, non mi sembrava neanche di perdere tempo, di sciupare occasioni di crescita con le materie scolastiche, perché ho sempre saputo cosa avrei fatto da grande. Ah, per la cronaca sono sempre stato Mingo. Questo, infatti, è un nomignolo che mi è stato dato che ero proprio piccolo e nel quale mi sono sempre riconosciuto.

Dalla scuola ai primi palchi, il passo è stato breve?

Ho cominciato a lavorare in quarta liceo, aprivo le serate di alcuni artisti tipo Wilma Goich. La mia voce non era ancora del tutto formata e facevo l’imitazione dell’imitatore. Poi un programma la notte, dov’ ero dj e speaker. Era il periodo delle radio libere, sdoganate da Renzo Arbore. Dopo il quinto anno, ebbi il minimo alla maturità che fu, comunque, indimenticabile. Invitai amici lontani e vicini al mio esame, dove rispondevo alle domande facendo imitazioni. Ho creato caos, casini, risate. Se ripenso ad allora, mi rivedo, seduto dietro, convinto, sereno che sarebbe arrivato il mio momento. Quindi il passo non è neanche stato breve, la scuola è stato il mio primo palco.

L'intervista a Mingo
L'intervista a Mingo

Le imitazioni ti sembrarono “strette” con la creatività e l’arte che ti gorgogliava dentro. Quale è stato il passo successivo?

Mia mamma era insegnante di educazione tecnica, mio papà geometra del comune di Bari che venne a mancare quando avevo solo otto anni. Nonostante le difficoltà, mia mamma ha sempre creduto in me essendo consapevole come il mio, non fosse un passatempo, ma un fuoco sacro. Andai a Roma al Laboratorio di Proietti, dove era però, necessario essere residenti a Roma per essere ammessi, per cui frequentai  Il Club Dei Cento di Nino Scardina. Sono stati anni bellissimi in cui ero affetto (gravemente) da sana goliardia e dividevo l’appartamento con una ragazza, più grande di me, che era fidanzata con Nino Castelnuovo e forse presi lo stesso “virus” innamorandomi perdutamente di una ragazza al punto che non terminai la scuola. Mia mamma che come insegnante, guardava alla vita con occhi diversi, mi chiese di iscrivermi all’università e l’accontentai. Giurisprudenza! In quella facoltà girai il mio primo cortometraggio, per il resto nonostante abbia dato parecchi esami, non ho mai capito nulla. Ricordo le aule che diventavano set e un VHS che ancora oggi importanti avvocati e magistrati, conservano gelosamente.

Dopo l’università e i suoi set, la vita vera?

Poi la vita vera, con tutte le difficoltà del caso e il periodo dei Villaggi turistici con Fabio che faceva il liceo con me, uno di quelli che stava seduto davanti, che era tutto fuorché un artista, cicciottello e impacciato. Volevo essere libero e l’esperienza come animatore  è stata molto formativa. Non mi accontentavo di fare i siparietti, che erano troppo scontati, ma sperimentavo e inventavo di continuo. Insomma quel periodo è stato sicuramente la mia migliore palestra, potendo contare su un pubblico variegato e idee folgoranti ( proprio in quegli anni ho scritto parodie che poi sono diventate famosissime). Per esempio, nel Villaggio di Cala Corvino, a Monopoli, scrissi la parodia di Star Trek (un villaggio, dove prima di noi c’erano Aldo Giovanni e Giacomo) che sarà per sempre legata a quel ricordo. Non mi piaceva ripetere sempre le stesse cose, mi annoiavo essendo per carattere irrequieto quindi, anche in una situazione dove avrei potuto ripetere all’infinito le stesse cose, ero un vulcano in continua attività.

L'intervista a Mingo
L'intervista a Mingo

Mingo, quanto è importante il cinema per te?

Ho sempre avuto una passione particolare per il cinema e il primo cortometraggio in 35 mm, è stata una mia indimenticabile performance alla fine della quale, c’era scritto Mingo, un attore. La pellicola era costosissima e i miei primi produttori sono state le prozie Lina e Filomena, detta Memena. Andai da loro e invece della solita paghetta, mi diedero cinque milioni per il mio primo cortometraggio. Questo lavoro ha avuto un successo incredibile e fu proiettato per più di due anni nei cinema più importanti dal Mexico di Milano al Farnese di Campo de’ Fiori, a Roma. Tre minuti dei quali vado fiero! Il cinema è davvero la mia vera passione, insieme al teatro che amo per la fisicità espressiva che lo caratterizza. Oggi mi dedico di più al lavoro attoriale, che è per me, un’attitudine naturale. Amo i personaggi estremi, i cattivi, i folli, ma allo stesso modo mi sono innamorato di Pin, il protagonista dello spot per la campagna di sensibilizzazione a favore dell’autismo che, presto, diventerà un film. ti saluto come direbbe lui…”Sono autistico, mica scemo!” 

Da non perdere!

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