“Con il cosiddetto Dl Rilancio è stato stabilito che le aziende che hanno già usufruito di 9 settimane di cassa integrazione ne hanno a disposizione soltanto 5 utilizzabili entro il 31 agosto”.
Esordisce così Nino Carmine Cafasso, Giuslavorista, Consulente del Lavoro e Presidente AIS, Associazione Imprese di Servizi, commentando gli articoli del Decreto Rilancio.
“Quello che è più grave – aggiunge Cafasso – è che si continua a non fare bene i conti perché se la cassa integrazione, per chi ha iniziato a utilizzarla il 1 marzo, è scaduta il 1 maggio, e queste 5 settimane scadranno quindi il 31 maggio questo significa che giugno, luglio e agosto rimarranno scoperti, e che per le aziende che hanno ripreso l’attività il 18 maggio, improvvisamente, la pandemia, e anche la crisi economica, saranno scomparse già il 1 giugno, tutti saranno soddisfatti e contenti e si ricomincerà a vivere come si viveva 3 mesi fa! Purtroppo non è così e così non potrebbe essere”.
L’ammortizzatore sociale relativo al Covid-19 è un ammortizzatore sociale speciale in ragione del quale esistono delle deroghe.
“Queste deroghe – come sostiene Cafasso – sono legate al pagamento di una serie di contribuzioni che sono oggi obbligatorie sull’ammortizzatore sociale, ma che nel caso della lex specialis in tema di Covid-19 erano state eliminate. È stato dunque stabilito che contendendo altre cinque settimane, gli imprenditori, se riterranno, potremmo utilizzare l’ammortizzatore sociale ordinario. Quest’ultimo, però, è un ammortizzatore sociale che, all’imprenditore, costa tra il 4 ed il 12 per cento della retribuzione persa”.
In sostanza secondo Cafasso:
“Questo è un decreto che, almeno dal punto di vista delle procedure del lavoro e della salvaguardia delle imprese, risulta assolutamente deprimente, defraudante e sostanzialmente insufficiente per la grave crisi che si vive e soprattutto per lo spessore che le imprese italiane offrono e potrebbero offrire se salvaguardate ma anche del tutto non in linea con i principi cardine di uno stato sociale e di diritto”.
Il Decreto Rilancio, tra le varie disposizioni a sostegno dei professionisti, contiene il rifinanziamento del reddito di ultima istanza introdotto dal Dl Cura Italia.
“Una iniezione di liquidità – spiega Cafasso – che dovrebbe consentire di erogare ai professionisti ordinistici, tramite le rispettive Casse di Previdenza – quali avvocati, commercialisti, consulenti del lavoro e persino i giornalisti – un nuovo “bonus” di 600 euro, per i mesi di aprile e maggio. A fronte del rinnovo del bonus, però, i professionisti iscritti alle Casse sono stati esclusi dalla possibilità di usufruire del contributo a fondo perduto introdotto dallo stesso decreto, contributo che, spesso, avrebbe potuto assicurare agli interessati somme ben maggiori. E quindi, anche qui, si pensa di ”sistemare ”da una parte ma si distrugge dall’altra. Resta da vedere se, e come, questa scelta iniziale possa essere corretta in sede di conversione del decreto”.