Michele Maisano è uno dei cantanti più famosi degli anni Sessanta nati in quel mondo creativo irripetibile che fu Genova.
I suoi più grandi successi tra cui “Se mi vuoi lasciare” e “Dite a Laura che l’amo” hanno fatto il giro del mondo e ancora oggi restano pezzi emblematici degli anni d’Oro della discografia italiana.
Ha collaborato con i grandi nomi della musica italiana, come Fabrizio De Andre’, Sergio Endrigo, Francesco Guccini, Bruno Lauzi, Roberto Vecchioni, Enzo Jannacci, Luigi Tenco.
Ha lavorato in Francia, Messico, Giappone, Germania, Romania, Canada , America Latina e ancora oggi Michele è costantemente in tournée in Italia e all’estero.
Dal carattere riservato e schivo, Michele Maisano ci ha concesso questa rara intervista, aprendo le porte della sua bella casa a Carcare (Sv), portandoci proprio nel suo studio di registrazione, un autentico tempio con centinaia di album, musicassette, cd, una biblioteca sconfinata dove si vive di musica e per la musica.
Michele, gli Anni ’60 in musica, un’epoca senza tempo e per molti aspetti irripetibile: qual è stata la ricetta per questo successo?
Era un periodo da favola: il rock and roll faceva ballare, il lento faceva innamorare. Ho vissuto Genova nel periodo dei grandi artisti, tantissime serate, novità e innovazione.
E’ stato il Rinascimento della musica leggera.
A Genova gli americani portavano i dischi in vinile che andavano per la maggiore ma ascoltavamo anche i grandi autori francesi dando vita ad un crogiolo unico di sperimentalismo.
Qui nacquero i grandi cantautori! Ci sfidavamo a colpi di successi e avevamo musicisti incredibili per gli arrangiamenti: alle spalle dei cantanti c’erano grandi autori e grandi musicisti.
Da questo ambiente così bello nascevano lavori unici che facevano dell’Italia un grande esportatore di musica, a differenza di oggi: basta accendere la radio per capire che al 90% siamo colonizzati da musica estera.
Forse l’ultimo grande esempio di artisti giovani che hanno esportato la propria musica è il Volo.
Hai mai partecipato ad un talent?
No e non lo farò: non è il mio mestiere fare il giudice.
Guardi la tv?
Non molto, salvo film e documentari.
Hai una voce da trentenne, potente e immutata nel tempo: molti ti hanno paragonato ad Elvis Presley! Come hai fatto a mantenere la voce così allenata?
Cantando e allenando il “muscolo” voce praticamente tutti i giorni. Poi 30 anni di orchestra da ballo con oltre 200 serate all’anno sono stati la palestra per non perdere mai l’allenamento.
Qual è stato un momento della tua carriera dove la musica ti ha colpito moltissimo?
E’ capitato tanti anni fa: dopo uno spettacolo ero in autogrill con i miei musicisti, alle 4 di mattina. Prendevo il caffè e da una radiolina sentii per la prima volta Georgia on my mind di Ray Charles: ebbi un’estasi musicale. Sono passati tanti anni ma quell’emozione non l’ho mai dimenticata.
Qual è stato invece il palco che ti ha emozionato di più?
Sicuramente l’Ariston ma ancor di più l’Olympia di Parigi, il tempio della musica.
E il luogo più lontano dove hai portato la tua musica?
Sicuramente il Giappone dove feci una tournée di un mese.
Oggi che cosa fai?
Continuo a fare le serate e gestisco il mio Bed&Breakfast “Se mi vuoi lasciare” a Carcare (Sv). Passano gli anni ma le richieste di spettacoli sono sempre tante, quindi per ora non prevedo uno stop. Poi mia moglie è una spalla che mi da sempre energia e voglia di fare!
C’è mai stata una canzone che avresti voluto cantare?
Te lo leggo negli occhi ma ho commesso anche tanti errori! Pensa che rifiutai Cuore matto e Dio come ti amo! Furono due errori che commisi perché non mi piacevano!
C’è un programma TV che vorresti rifare?
Mi è piaciuta molto l’esperienza che feci a Buona Domenica per 5 anni con Maurizio Costanzo.
Si parla di mercato discografico in crisi, musica liquida, la scomparsa dell’album stesso: come vivi questa situazione?
Purtroppo internet è un grande contenitore: da un lato è positivo perché rende la musica universale, ma genera anche confusione.
Forse prima il pubblico aveva possibilità di scegliere tra lavori selezionati.
Poi la scomparsa dei dischi, la pirateria e il rendere la musica un prodotto senza materia creano un ambiente dove è sempre più difficile vivere di musica.
E’ un grande impoverimento globale: oggi un artista come De Andrè non potrebbe più emergere, a mio parere.
Fare le belle parole è un mestiere, dice Mogol, così come fare bella musica: richiede tempo, sacrifici e investimenti.
Se non avessi fatto il cantante oggi dove saresti?
Avrei concluso l’Istituto nautico e avrei navigato ma in fondo il mondo l’ho girato lo stesso!