25 Ottobre 2017

Niccolò Fabi, l’intervista e il racconto dei vent’anni di carriera

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Niccolò Fabi, l'intervista e il racconto dei vent'anni di carriera

Niccolò Fabi parla di Diventi inventi  1997-2017 in occasione dell’instore tour di Bari

Dal 13 ottobre Niccolò Fabi torna sulla scena musicale con DIVENTI INVENTI 1997-2017”, raccolta interamente prodotta, arrangiata e registrata in totale autonomia a Campagnano di Roma. Lo abbiamo incontrato in occasione della tappa conclusiva del suo Instore Tour a Bari.

Il direttore di Lifestyleblog.it, Bruno Bellini, e Niccolò Fabi
Il direttore di Lifestyleblog.it, Bruno Bellini, e Niccolò Fabi

Come nasce questo doppio disco, e soprattutto quali sono stati i criteri di scelta?

La mia speranza era di poter offrire un modo di ascoltare canzoni scritte in momenti diversi e lontani nel tempo. E non con registrazioni molto diverse l’una dall’altra: anche la mia voce è cambiata negli anni. Mettere insieme registrazioni originali, di dischi diversi, è anacronistico: chiunque può farlo. L’idea era principalmente di rendere l’ascolto omogeneo, semplice, dando luogo a uno spazio unico. Che in questo caso è la casa di campagna dove ho registrato “Una somma di piccole cose”, nel cui salotto ho registrato anche queste vecchie canzoni. La sensazione di fondo è avere il cantante adagiato sul divano con la chitarra tra le mani a suonare una ventina di canzoni che sente più coerenti. Non le più belle o quelle che hanno avuto più successo.

 

Cosa rappresenta per te questo “Best of” dei vent’anni di carriera ?

Mi interessa più il punto che la celebrazione. Per quanto è vero che è stato un percorso fortunato, la celebrazione è inevitabile. Arriva questa ricorrenza nel momento in cui sono più felice di come la mia carriera sia diventata. Perché l’ultimo disco pubblicato è quello che mi ha dato più soddisfazioni non solo per la bellezza delle canzoni ma per tutto ciò che rappresenta,a come è stato concepito, vissuto, il modo di rappresentarlo. Pian piano ho condotto la mia professione in un modo di vivere che è connaturato al mio carattere, che sfugge tutte le situazioni più eclatanti perché non adatte a me.

All’inizio ero un po’ costretto, non sapevo come reagire alle pressioni di tutti. Ero in una fase di apprendistato: difficile che uno sappia cosa vuole all’inizio.

Il ventennale arriva alla fine di un periodo, la vivo come un punto. Per me è un momento meraviglioso: mai vissuto la conclusione come una sconfitta, né nei rapporti di amicizia o di amore. Per molti può essere una sconfitta, io trovo invece che qualsiasi cosa si definisce per i confini che ha, e la bravura più grande è dire basta quando è giusto dirlo, senza aspettare che le cose peggiorano o prendono contorni meno veri. Questo non vuol dire smettere di essere creativo, però quel lavoro su quel tipo di canzone che ha messo me stesso al centro delle riflessioni, non per i fatti ma per intimità del linguaggio usato per raccontare qualsiasi cosa, dai capelli all’indipendenza abbia raggiunto il suo apice.

In qualche modo credo quel linguaggio abbia rappresentato il culmine con “Vince chi molla”, ultima canzone di “Una somma di piccole cose”. Potrei presentare il mio emocromo (ride, ndr) ma sembrerebbe fredda come operazione artistica.

 

C’è anche un libro-intervista inedito, “Solo un uomo”… 

E’ presente solamente in una confezione prestige che si distingue dalla versione ordinaria. Questo libro è una conversazione. E’ interessante perché questo dialogo in realtà è stato fatto con Martina Neri, che nasce come mia ammiratrice.
Mi interessava un altro tipo di occhio, ovvero le curiosità di chi mi ha visto arrivare sulla scena e ha sottolineato un modo di percepire tutta una serie di evoluzioni nel mio percorso. Alcune comprendendole di più, con a volte dubbi.

 

Momenti più belli in questi venti anni di carriera? 

Il momento più bello è un periodo creatosi negli ultimi 5-6 anni da “Ecco” in poi, passando con “Il padrone della festa” insieme a Max Gazzè e Daniele Silvestri, fino a  “Una somma di piccole cose”, che è la cosa di cui sono più orgoglioso. Un apice reale con un certo tipo di approccio a quel tipo di canzone. Non solo per il suo significato artistico ma per libertà profonda che ho sentito rappresentata da quel momento storico. Fare un disco non deve essere nient’altro che farlo normalmente, così come faccio quando suono la chitarra. Non c’è bisogno che per pensarlo professionalmente devo andare in uno studio con un mixer o che sia stato mixato da un grande fonico. Avevo raggiunto quella sicurezza che mi ha permesso di pubblicare uno schizzo, quello che sarebbe rimasto in un taccuino in tanti anni è diventata la mia proposta artistica. Ho la sensazione che per il mio linguaggio il taccuino sia un valore aggiunto della mia artisticità. Sono già molto educato di mio, ho una serie di paletti che metto da solo. Se aggiungi paletti tecnici, ogni elemento di produttività che si frappone tra me e risultato finale, rischia di rendere la mia proposta artistica carina, graziosa, raffinata. Tutti termini non negativi ma non sono quello che avrei voluto trasferire nella musica. Perché le mie cose appaiono dette in una maniera non violenta ma contengono dolori e rabbie potentissime che esprimo nel momento in cui la fiamma sta diventando fumo. Seguo la trasformazione di questo fuoco, non sono adatto a esprimere il fuoco nel momento di maggior combustione, ma a seguire il viaggio del fumo, la sua trasformazione. Per questo rendere il disco minimale , e togliendo le distrazioni alla mia voce esile, ha creato quello che avrei voluto realizzare.

 

Momenti difficili invece? 

Difficile è stato l’inizio, in particolar modo alla fine del biennio 97-98 quando ho pubblicato due dischi in due anni. Dopo il primo Sanremo, essendo diventato personaggetto dell’anno e acclamato dai media, mi sono reso conto che non stavo guidando la mia barca.

La canzone “Capelli” aveva creato intorno a me un profilo di personaggio, cantante, che era stato replicato e amplificato più volte anche se non c’era internet all’epoca. Il mio nome girava e in qualche modo era impossibile pensare che Sanremo 1998 non avesse me.

Come farsi sfuggire questa occasione? Tutti erano gasati, il disco era stato venduto. Io di fronte a questo entusiasmo, come recita la canzone “Offeso”, dissi: “Se tutti siete entusiasti, io ho perplessità che la cosa stia sfuggendo di mano.

Proviamo, ma non dite che sono quello negativo”. L’esito del secondo disco è miracoloso se pensiamo che è stato fatto in due tre mesi tra interviste tour promozione. Aveva due canzoni, “Lasciarsi un giorno a Roma” e “Vento d’estate”, che hanno funzionato. Due brani che allargavano lo spettro delle mie sfumature artistiche.

Ma per me fu orrendo, perché una cosa non voluta. Da lì la frattura con il terzo disco, inevitabilmente di fuga e privo di appeal mediatico. Forse il disco che si è fatto notare di meno. Ma da lì sono ripartito.

 

Parliamo della tua festa per i vent’anni di carriera che si terrà il 26 novembre al Palalottomatica di Roma…

Sarà una festa unica. Qualcosa di speciale e irripetibile: non è mia intenzione a fare concerti nei palazzetti che non sono ospitali per la mia sensibilità. E’ ovvio che non ce ne sara un altro. La mia musica non vede nel palazzetto la sua culla migliore. Sono affascinato dall’idea che tutto questo linguaggio come riuscirà a riverberarsi? Cambierà la percezione delle canzoni, le renderà più epiche.

Il mio linguaggio è più da “io e te” che “io e 50.000 persone”. Sarà curioso vedere che atmosfera si creerà. La sicurezza di base è che, la quantità e la qualità dell’affetto che sento di aver conquistato in questi anni, sarà un tappeto d’amore potente e soffice. Ragion per cui non potrà che venire bene. Il  motivo per cui saremo lì sara così forte che sarà quella la festa. Molti di voi hanno scelto le canzoni che ho fatto per accompagnare dei momenti più brutti ma non lo reputo minimamente una diminuzione di quello che faccio. E’ un privilegio essere scelto per i momenti in cui ci si sente meno bene, dai motivi più banali a quelli meno. Nel momento in cui il rimbombo di quel palazzetto renderà corali le canzoni che ognuno ha vissuto dentro di se, sarà un’ emozione fortissima maggiormente per il pubblico.

Bruno Bellini

Direttore Responsabile Lifestyleblog.it - Classe '81, da Monopoli (Bari)
Dal 2015 nella Giuria Stampa del Festival di Sanremo. Dottore in Comuncazione e Multimedia

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