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Nek: “A Sanremo mi diverto come un bambino”

SANREMO – Vincitore della serata dedicata alle cover, Nek si presenta al Festival di Sanremo con il brano “Fatti avanti amore”.

Come sta andando questo Festival?
Mi sto divertendo come un bambino. Sono felice perché dopo diciotto anni c’è una consapevolezza diversa rispetto a quando ho lasciato Sanremo.

“Fatti avanti amore”, è un brano scritto appositamente per il Festival o è stato scelto, tra quelli del nuovo album, tra il più adatto alla kermesse?
Mi sembrava più consono e al tempo stesso da Festival. E’ tra i primi pezzi scritti per il nuovo album, che ho finito ad agosto. Alla fine di agosto è arrivata poi la proposta di Carlo Conti. In un primo momento sono stato scettico nel rispondere alla sua proposta. Ha cercato di convincermi, ma gli avevo chiesto tempo per presentare qualcosa di buono dopo diciotto anni. Ho pensato a questo, perché è un pezzo che non ti aspetteresti mai da me al Festival di Sanremo. E’ il pezzo che ho sentito più vicino alla manifestazione, al mio ripresentarmi, al mio ritorno in questo punto di riferimento per la musica italiana.

C’è una ricetta per mantenere in tanti anni di carriera il proprio stile pur rinnovandosi?
La ricetta non la conosco. Mi muovo ascoltando musica, mi piace il confronto con chi mi ha accompagnato. Da una mia idea parte un impulso da condividere con chi ha potenziato questa idea. Quello che posso dire è che conosco la forza della condivisione e della sinergia per lavorare al meglio.

E’la tua consacrazione questo Festival?
Il fatto che sia qui di nuovo significa che amo il mio mestiere. Mi piace condividerlo con gli altri, in questo caso il pubblico. Non penso alle consacrazioni. Sono contento che alle radio la canzone piaccia, premio della cover… Insomma sarei uno stupido a dire il contrario. Probabilmente il cerchio si chiuderà a 60 anni.

Se un pianto ci fa nascere. Un senso a tutti il male forse c’è”. Da questa frase emerge la tua fede?
Ha diverse chiavi di lettura. Quella frase ha anche a che fare con la nascita del bambino che piange prima di affacciarsi alla vita, come se sapesse che deve affrontare delle prove. Ma ha anche la chiave che dal dolore troviamo il modo di riconsiderare la nostra vita. Un senso a tutto il male forse c’è, questo il significato. Il dolore è una componente della nostra vita che ci aiuta a comprendere le cose utili da quelle futili. Ho imparato questo nel mio piccolo mondo. Il flash arriva dalla morte del mio papà, una situazione devastante che ti fa capire cosa serve e cosa no. La fede in questo caso aiuta a mettere in ordine le cose. Tutto il pezzo mi piace, soprattutto “Abbiamo mani per afferrarci girare insieme come ingranaggi” perché dà l’idea della mano si stringe come un ingranaggio. La mano la bocca la mano la bocca gli occhi sono strumenti che trasmettono questa cosa. Noi siamo fatti per amare, questo è il mio punto di vista.

C’è grande aspettativa intorno a te…
L’ho percepito dalla gente che trovo fuori dall’albergo. Ho paura a tornare a Sassuolo, sto percependo dagli amici che mi dicono lì si parla solo di me. Mi considero uno che ha già vinto perché quando il brano è uscito, le persone lo hanno tenuto per se.

Com’è il tuo rapporto con i social?
Sono social non al 100% in senso virtuale. Sto imparando a maneggiare questi strumenti e capisco la loro importanza. Sto cercando di non far prendere un sopravvento a questi sistemi per non diventare a-social.

Il 10 marzo esce il tuo album, come stai preparando l’uscita?
Finito Sanremo tornerò in studio per preparare la versione spagnola del disco. Quest’anno uscirà in Spagna e America Latina. Comune denominatore è non fermarsi mai, non credo mi fermerò per i prossimi due anni. Spero.

Ritorni dopo diciotto anni con un brano che “spacca”.
Mi rendo conto che c’è una preparazione. Credo di aver avuto un dono, il dono del canto. Non ho fatto altro che affinare questa tecnica. Non ho fatto nessuna scuola ma affidato all’istinto. La vita, in questi 22 anni di palco, insegna a usare l’emozione e la forza non prenda il sopravvento su di te, che finisca in gola e che si stringa tutto e non canti più. E’successo tanti anni fa che l’emozione prendesse il sopravvento e ho capito la scuola della strada, del lavoro continuo. Aiuta chiunque, l’importante è viverla.

Che emozione hai provato nello scendere quelle scale?
Molto forte. Diciotto anni fa ho provato lo stesso con diverse sensazioni. Nel ’93 ero più spaventato. Martedì, nei primi trenta secondi mi sono detto “che dio me la mandi buona”. Poi “questo sono io”.

Eri l’idolo delle ragazzine agli esordi e lo sei ancora…
Vedo tante ragazzine intorno a me, significa che andiamo bene avanti nonostante l’età e che c’è il fiatone c’è (sorride, ndr).

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